Archivo mensual: abril 2022

“Duque no hizo trizas el Acuerdo de Paz x los jesuitas marxistas”: Congresista Juanita Goebertus (Alianza Verde) en Filbo 2022.

“Yo nunca llamaría jesuita marxista ni al Padre Javier Giraldo (Cinep), ni al Padre Francisco de Roux (Presidente de la Comisión de Esclarecimiento de la Verdad)”, comentó la Congresista Juanita Goebertus (Alianza Verde) durante el conversatorio organizado el pasado domingo 24 de abril de 2022 por el diario El Espectador y el proyecto Colombia+20 (auspiciado por la Embajada de Alemania en Colombia) en la Feria Internacional del Libro FILBO 2022 de Bogotá, bajo el título: ¿Se hizo trizas el Acuerdo de Paz?, moderadora: María de los Ángeles Reyes, periodista de Colombia+20.

La Congresista Juanita Goebertus (Alianza Verde), refiriéndose al lanzamiento de libros como “Socialismo Latinoamericano. Ideología, corrupción y perversión”, de Camilo Noguera Pardo, (Ed. Universidad Sergio Arboleda) y Rebeldes, románticos y profetas

La responsabilidad de sacerdotes, políticos e intelectuales en el conflicto armado colombiano, de Iván Garzón Vallejos (Ed. Universidad La Sabana) que consideran que la teología de la liberación y los jesuitas son marxistas, ha agregado:

“Creo profundamente y lo he visto en las distintas visitas que he hecho a territorios en lo largo del país en estos 4 años como congresista de la Republica y también el en trabajo previo que hice en la Oficina del Alto Comisionado por la Paz, que, en los varios territorios, la Iglesia Católica termina la práctica de reemplazar el Estado, siendo quien, en alguna manera, escucha a las comunidades locales, trata de defender a los liderazgos sociales.

Incluso en muchos casos, cuando no hay provisiones de bienes y servicios públicos, quienes están allí para tratar de ayudar a las comunidades, ha sido en muchos casos la Iglesia Católica.

El año pasado, cuando hicimos varias visitas para hablar con los jóvenes que estaban participando en el paro nacional (abril-julio de 2021) en las 14 ciudades de Colombia con más desempleo juvenil, quienes estaban tratando de mediar en territorio, eran precisamente padres de la Iglesia Católica que trataban de buscar formas de entendimiento, mecanismos de dialogo no violento y de participación ciudadana.

Yo diría que el Presidente Duque no logró hacer trizas los Acuerdos de Paz… es por la resiliencia de las comunidades, de las víctimas, de las organizaciones de la sociedad civil, por supuesto de la Iglesia Católica comprometida en los territorios, no se deja arrebatar la paz”.

En entrevista exclusiva con Cristiano Morsolin, investigador italiano, colaborador del Instituto de Paz IPAZDE de la Universidad Santo Tomas de Bogotá, coautor del libro Renovadas formas de hacer oposición (coordinación académica de Freddy Cante, Universidad del Rosario, 2014) la Congresista Juanita Goebertus (Alianza Verde), ha comentado el twit de la Senadora María Fernanda Cabal (Centro Democrático) que afirmó: “Me informan que está muy activista en Cali el cura maléfico Javier Giraldo y su «comisión intereclesial  de justicia y Paz». Los mismos que se inventaron la «comunidad de Paz de San Jose de Apartadó», enclave comunista producto de un despojo a un campesino de la finca la Roncona. (…) Danilo Rueda es la mano derecha del cura Javier Giraldo. El mismo que protegió a Monsalve, el falso testigo contra Uribe, cuando se lo llevaron a Buenos Aires con Pérez Esquivel.”

La Congresista Juanita Goebertus (Alianza Verde) ha subrayado que “la crítica de la Senadora Cabal es totalmente insensata. Recordamos por ejemplo el trabajo del p. Francisco de la Roux (actualmente presidente de la Comisión de esclarecimiento de la Verdad, nominado por el Presidente Juan Manuel Santos) en el Magdalena Medio que se opuso a las guerrillas, a los paramilitares, denunciando también el estado, porque en los territorios de Colombia se sienten las críticas de los padres de la Iglesia católica. Esta crítica insensata agrava la polarización y la oposición en contra de la paz”, concluyó la Congresista Juanita Goebertus (Alianza Verde).

VIDEO:

https://www.youtube.com/watch?v=a8HEJJYEmnI

Papa Francesco: a Libera, “riuso sociale dei beni confiscati è un esempio virtuoso di risanamento e di pacificazione attraverso l’azione collettiva anche in Argentina”. Commento di Morsolin su Sir, Vaticano

6 aprile 2022

“Mi fa piacere sapere del lavoro che sta realizzando l’Argentina in sinergia con l’Unione europea, in particolare con l’Italia, nella lotta al crimine organizzato. La collaborazione reciproca è imprescindibile per vincere questo tipo di associazione illegale, che non conosce frontiere e beneficia dei conflitti tra i popoli e del cattivo funzionamento delle istituzioni. Il lavoro per il bene comune esige pratiche comuni di coordinamento e collaborazione capaci di affrontare la realtà nella sua complessità”. È quanto ha scritto Papa Francesco, in una lettera alla delegazione di Libera guidata da Luigi Ciotti in questi giorni in Argentina per il progetto “Bien Restituido” (“Bene restituito”), in collaborazione con Unione europea, con l’obiettivo di promuovere il riutilizzo sociale dei beni confiscati. La lettera del Papa, resa nota oggi da Libera, è stata letta da Luigi Ciotti nella serata di ieri presso l’aula magna della facoltà di Diritto nell’Università di Buenos Aires, in occasione del congresso “Riutilizzazione sociale dei beni confiscati alla criminalità organizzata: un’opportunità per la società e per lo Stato” promosso da Libera.
“L’azione giudiziaria e processuale nei confronti di questo tipo di criminalità è di solito focalizzata sul piano della repressione e del castigo, ma si tratta di una prospettiva limitata che lascia il cammino incompiuto. È difficile pensare alla soluzione di un procedimento penale senza che sia prevista la reparación (in spagnolo si intende non solo un risarcimento economico, ma un risarcimento integrale, ndr) e perché no, anche una reparación che includa le cause”, ha aggiunto il Pontefice.
“Il crimine organizzato – ha osservato il Santo Padre – produce un danno sociale su ampia scala: genera vittime visibili e invisibili, portatrici di una sofferenza che deve essere ascoltata e risarcita, inoltre implica, per la società nel suo insieme, assumere e invertire i meccanismi – tante volte radicati nell’inconscio collettivo – che producono la sua proliferazione. L’Italia ha molto da offrire, a partire dalla sua esperienza, un’esperienza di dolore, ma anche di resistenza e di rinascimento. Il riuso sociale dei beni confiscati è un esempio virtuoso di risanamento e di pacificazione attraverso l’azione collettiva. Per lo Stato è un’opportunità per volgere lo sguardo alla sua gente creando opportunità dove prima non esistevano – perché il crimine organizzato si impone solitamente dove le istituzioni sono assenti o mal funzionanti -. È anche un’opportunità per lo Stato di assumersi le sue responsabilità e riconoscere le sue omissioni; perché uno Stato che guarda solo a sé stesso, si confonde e si perde”.
Riconoscendo” l’importanza di questo incontro” per “cercare soluzioni pratiche che aiutino a riparare il danno prodotto dal crimine organizzato alla società”, Papa Francesco ha manifestato “la speranza che in questo modo la giustizia acquisisca spazio e che, come dissi una volta ad un incontro di Libera, si ampli, metta radici ed occupi lo spazio che altrimenti è occupato dall’ingiustizia”.

Criminalità: don Ciotti (Libera), “mafie fenomeno mondiale che richiede uno sforzo istituzionale congiunto a livello internazionale. Bene le parole del Papa”
FacebookTwitterLinkedInWhatsAppEmail

Print

6 Aprile 2022 @ 11:09Contenuti correlati
LETTERAPapa Francesco: a Libera, “riuso sociale dei beni confiscati è un esempio virtuoso di risanamento e di pacificazione attraverso l’azione collettiva”
“Siamo grati al Santo Padre per il suo messaggio che riconosce testualmente il ruolo della rete di associazioni di a livello internazionale. Papa Francesco nel suo messaggio chiarisce, da subito, una prospettiva in genere non riconosciuta: che le mafie non sono un fenomeno solo italiano ma sono un problema mondiale che richiede uno sforzo istituzionale congiunto a livello internazionale. Questa prospettiva fatica ad essere compresa negli Stati, nella Chiesa, nella società, nella mentalità. Le parole del Papa richiedono, dunque, un’azione nostra in questo senso”. È il commento di don Luigi Ciotti, presidente di Libera, alla lettera inviata da Papa Francesco alla delegazione di Libera, in questi giorni in Argentina per il progetto “Bien Restituido” (“Bene restituito”), in collaborazione con Unione europea, con l’obiettivo di promuovere il riutilizzo sociale dei beni confiscati.
“Papa Francesco associa, inoltre, il problema del crimine al ‘funzionamento deficitario delle istituzioni’ – ricorda don Ciotti, in riferimento alla lettera che ha letto ieri sera, in Argentina, e che oggi ha diffuso Libera -. È questo uno dei volti della corruzione, che non è solo tangenti, ma inefficienza, inefficacia, incapacità. Qui c’è l’ampiezza della visione di Francesco sulla corruzione che è spirituale, sociale, culturale, economica e politica. Questi argomenti non vanno trattati solo in termini di repressione ma di giustizia: il Papa parla di ‘riparazione del danno’. Di qui, il ruolo anche della Chiesa, che va approfondito, codificato perché attualmente la chiesa universale non ha una dottrina su questi temi”.
Parlando di riutilizzo dei beni confiscati ai mafiosi, evidenzia il presidente di Libera, il Pontefice “dice di cercare soluzioni pratiche recuperando il celebre concetto ‘la realtà è più importante dell’idea’ della Evangelii Gaudium. È necessario concretezza, basta moralismi e schemi teorici o ipocrisia. Il suo intervento è anche un formidabile stimolo all’azione della Chiesa istituzionale”.
Infine, Papa Francesco conclude il testo con la parola “iniquidad”, “inquadrando il problema delle mafie in un’ottica diversa: combattere le mafie non significa solo opporsi al crimine ma significa lavorare prima del crimine. Intervenire ed incidere nella società prima che essa frani nel crimine. Spesso infatti , il maggior ostacolo – conclude don Ciotti – si riscontra nel confronto con i poteri e privilegi della società, che non sono affiliati con le mafie, ma frenano il cambiamento provocando, poi, il terreno fertile per il crimine organizzato”.

p. De Roux (Commissione Verità) su Pasqua di sangue, “la violenza non ha futuro, necessari cambiamenti profondi”. Commento di Morsolin su Sir, Vaticano.

FOTO: Presidente della Commissione della Verita, p. Francisco de Roux fa da testimonial del libro di Morsolin.

20 aprile 2022

“Dobbiamo capire che la violenza dei dissidenti, dei guerriglieri, dei paramilitari, dello Stato non ha futuro. Abbiamo bisogno di cambiamenti profondi per i nostri figli, perché la società ha bisogno di comprendere la sofferenza delle vittime, accettare e riconoscere le differenze sociali e culturali, proteggere la natura, solo così possiamo raggiungere la pace e la riconciliazione”. È quanto afferma al Sir, dopo la messa di Pasqua celebrata a La Soledad di Teusaquillo, sede dei gesuiti colombiani a Bogotá, padre Francisco De Roux, presidente della Commissione della Verità, il quale commenta così il continuo spargimento di sangue nel Paese, a partire a quanto sta accadendo nel dipartimento orientale dell’Arauca.
“Stupisce – afferma Cristiano Morsolin, esperto di diritti umani – vedere la stanchezza negli occhi di padre De Roux. Sta lavorando giorno e notte, perché il prossimo 28 giugno consegnerà il rapporto finale della Commissione della Verità, per far luce su oltre 50 anni di conflitto armato interno. Le pressioni sono tante. Importanti, durante la Settimana santa, sono state anche le parole dell’arcivescovo Rueda, che portando la croce il Venerdì Santo, percorrendo plaza de Bolívar, nel centro della capitale, tenta di rianimare il dialogo con Governo nazionale, dopo le forti tensioni per delegittimare i vescovi del Chocó sulla violenza delle mafie del narcotraffico e gruppi armati illegali, che con i cartelli messicani portano la cocaina colombiana in Europa, attraverso il potere della ndrangheta calabrese”. Spesso padre De Roux ha affidato al Sir il “compito” di essere “megafono internazionale” del suo lavoro per la riconciliazione, questa è però l’ora della prudenza: “In questo momento non voglio parlare della politica del presidente Duque, aspetterò la fine del suo mandato, a luglio 2022”.
Il gesuita ricorda che prima di Pasqua, lo scorso 9 aprile è stata commemorata in Colombia la Giornata della memoria e solidarietà con le vittime. Da qui l’appello al Governo e ai gruppi armati per continuare sulla strada della pace: “Non solo vogliamo dire che la guerra in Colombia ha portato rovina in ogni sua azione; ma anche che vogliamo la pace, vogliamo che lo Stato si risolva a lanciarsi verso la pace e che i gruppi armati accettino questo appello, perché tutti i colombiani vogliono che un giorno in Colombia nessuno venga ucciso per le loro idee politiche o per qualche altro motivo. Vogliamo che tutti in sentano la ferita di questo Paese e lo trasformino in una Nazione piena di futuro per i nostri figli, in un luogo di fiducia reciproca, di rispetto nelle diverse posizioni”.

Colombia: Pasqua di sangue, in Arauca uccisi due bimbi. Il vescovo, “folle ondata di violenza”. Appello di mons Rueda (presidente Cec) ai gruppi armati

FacebookTwitterLinkedInWhatsAppEmailPrint20 Aprile 2022 @ 10:06

Contenuti correlati

OMICIDI

Colombia: padre De Roux (Commissione Verità) su Pasqua di sangue, “la violenza non ha futuro, necessari cambiamenti profondi”

In Colombia il sangue ha continuato a scorrere anche a Pasqua, in varie regioni del Paese. Epicentro della violenza il dipartimento orientale dell’Arauca, dove il giorno di Pasqua, nel municipio di Tame, sono state massacrate quattro persone, tra cui due bimbi di 9 e 4 anni. Persone armate hanno aperto il fuoco contro un veicolo nel quale si trovavano nove persone. Si sono registrate polemiche anche perché i corpi delle vittime sono rimasti per ore sull’asfalto, senza che le autorità intervenissero. Secondo l’ong Indepaz, dall’inizio dell’anno si sono verificati 33 massacri e 58 uccisioni di leader sociali (6 solo nell’ultima settimana), oltre a 15 omicidi di ex guerriglieri firmatari dell’accordo di pace.
Rispetto a quanto accaduto a Tame, è intervenuto ieri il vescovo di Arauca, mons. Jaime Cristóbal Abril González. “Ogni morte ci addolora – si legge nella nota -. Ma la morte e le ferite dei bambini, i nostri bambini, che sono totalmente innocenti di questa folle ondata di violenza a cui è stata sottoposta la regione, soprattutto quest’anno, ci hanno ferito ancora di più”.
Il vescovo esprime cordoglio e solidarietà alle famiglie colpite, assicurando la sua preghiera: “Care famiglie, la vostra sofferenza è anche la nostra”. Il presule ha chiesto alle autorità competenti di chiarire tempestivamente l’accaduto e di individuare i responsabili di tale atto terroristico. Rivolgendosi agli attori violenti, ha chiesto loro di rispettare il diritto umanitario internazionale, di escludere la popolazione civile dal conflitto e di esplorare altre strade, a partire dal dialogo, che permetta di raggiungere “soluzioni reali e durature”.
L’intervento di mons. Abril segue di pochi giorni l’intensa Via Crucis celebrata il Venerdì Santo da mons. Luis José Rueda, arcivescovo di Bogotá e presidente della Conferenza episcopale colombiana, durante la quale ha abbracciato idealmente tutto il Paese, chiedendo pace e riconciliazione. Una richiesta rivolta, poco dopo, parlando con i giornalisti, ai candidati alle elezioni presidenziali. L’arcivescovo di Bogotá ha fatto riferimento anche ai gruppi armati che sono stati protagonisti di atti di violenza in zone come Arauca e Chocó: “A tutti coloro che hanno scelto le vie della guerra e della violenza, nel Pacifico colombiano, in Arauca, in tutte le periferie, anche nelle grandi città, vogliamo dire loro che li amiamo, che li perdoniamo e li aspettiamo, che è necessario che facciano un passo verso la vita e verso la pace”.

Colombia: ieri presidente Duque è intervenuto a Onu su accordo di pace. Cinep e societa civile: “impegni violati”. Commento di Morsolin su Sir-Vaticano.

13 aprile 2022

Il presidente della Colombia Iván Duque si è presentato ieri, a pochi mesi dalla scadenza del suo mandato, di fronte al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite per presentare i progressi nell’applicazione dell’Accordo di pace del 2016. Il presidente ha parlato di “pace nella legalità” e ha presentato i dati dell’implementazione dell’accordo rispetto al reinserimento sociale degli ex combattenti, alla riparazione delle vittime, allo sminamento dei territori, alla riforma rurale.

Non sono mancate, però, critiche da parte dei rappresentanti dei Paesi presenti nel Consiglio di sicurezza, mentre nel Paese cresce la domanda di chiarezza rispetto alla recente uccisione di 11 indigeni da parte dell’Esercito, nel dipartimento del Putumayo, perché ritenuti guerriglieri della dissidenza Farc. Tesi smentita dalla popolazione locale e dallo stesso vescovo del vicariato apostolico di Puerto Leguízamo-Solano, mons. Joaquín Humberto Pinzón, che ha voluto celebrare i funerali delle vittime. Sul fatto, denunciato anche dal Sir la scorsa settimana, c’è stata in Colombia un’inchiesta del network giornalistico Caracol. Ieri, in occasione della sessione al Consiglio di sicurezza, il capo della missione Onu in Colombia, Carlos Ruiz Massieu, ha chiesto ufficialmente che le autorità colombiane diano vita a un’inchiesta sull’accaduto, sottolineando anche il permanere di atti di violenza (uccisioni, sfollamenti forzati, reclutamento di minori) contro la popolazione civile, soprattutto contro le comunità indigene e afro. Il capo missione ha dunque espresso che “il consolidamento della pace” non deve far minimizzare la violenza e i passi ancora da compiere, mentre si avvicina il termine di luglio, entro il quale la Commissione della Verità è chiamata a presentare il suo rapporto finale, che si annuncia dirompente per la società colombiana.

Preoccupazioni, durante l’audizione di Duque, sono state espresse da Gran Bretagna, Francia e Norvegia. In particolare, la Francia ha chiesto che ci sia certezza del fatto che “il processo di pace è irreversibile” e la Norvegia ha chiesto di appoggiare il lavoro della Commissione della Verità, presieduta dal gesuita Francisco De Roux.
“Potremmo fornire migliaia di dati per dimostrare che il presidente Iván Duque ha posto fine all’integralità dell’Accordo di pace in violazione degli impegni statali assunti, adempiendo solo le parti che lui e il suo partito al governo trovano accettabili – sostiene il gesuita Javier Giraldo, tra i fondatori dell’Istituto Cinep – e altre decine di ONG della societa civile colombiana. Ma sottoponiamo un solo fatto alla considerazione pubblica. Secondo la Missione di verifica delle Nazioni Unite, 315 firmatari della pace sono stati uccisi dalla firma dell’Accordo di pace, 241 durante il mandato di questo Governo e 27 sono scomparsi. 43 omicidi di leader sociali hanno avuto luogo solo nei primi tre mesi di quest’anno”.

Intanto, in riferimento all’uccisione degli 11 indigeni da parte dell’Esercito, “continua la protesta a livello nazionale per una vicenda che fa riemergere la pagina oscura dei cosiddetti ‘falsi positivi’. Per esempio, decine di studenti dell’Università Javeriana, nei giorni scorsi hanno bloccato centralissima carrera 7 della capitale sventolando manifesti e cartelloni, chiedendo giustizia per la morte dei leader sociali e indigeni”, fa notare Cristiano Morsolin, esperto di diritti umani. Una denuncia, finora, “minimizzata dal Governo”.

https://www.agensir.it/quotidiano/2022/4/13/colombia-ieri-presidente-duque-e-intervenuto-a-onu-su-accordo-di-pace-padre-giraldo-impegni-violati/

mons. Pinzón celebra funerali di indigeni uccisi dall’esercito, “basta atti di guerra, diendere la vita”. Commento di Morsolin su Sir-Vaticano.

FOTO: Vescovo Pinzon e Morsolin

1 aprile 2022

Non si placano le polemiche in Colombia per l’uccisione, accaduta nei giorni scorsi, di 11 indigeni a Puerto Leguízamo, nel dipartimento meridionale del Putumayo, da parte dell’Esercito, che ha spiegato l’accaduto affermando, per bocca del ministro della Difesa Diego Molano, che a essere uccisi sono stati dei dissidenti delle Farc. Anche se la dissidenza della guerriglia ha nella zona una delle sue roccaforti, gli abitanti locali e numerose associazioni per i diritti umani contestano questa versione, accusando l’esercito di perpetuare l’orrenda pratica dei “falsos positivos”, che si sperava archiviata dopo l’accordo di pace. Lo stesso vescovo del vicariato apostolico di Puerto Leguízamo-Solano, mons. Joaquín Humberto Pinzón, ha coraggiosamente celebrato del leader del popolo kwequa, Pablo Panduro Coquinche, e del sedicenne Brayan Pama, che figurano tra le vittime.
“Chiediamo a Dio di fermare tutti gli atti di guerra e di violenza nel nostro territorio e lasciare che la pace e la giustizia regnino e così difendano la vita”, l’appello del vescovo, che attraverso il Sir confida di aver voluto celebrare personalmente il funerale per “rendere omaggio alla comunità indigena. Le salme sono state portate al cimitero, dopo un giro per le vie principali del Comune, accompagnati da studenti che hanno espresso la loro condanna della violenza con cartelloni pubblicitari che riflettevano il desiderio di vivere in un mondo pacifico. Esprimiamo le nostre condoglianze e accompagnamento a famiglie, amici e conoscenti in questi tempi difficili”. “Mai più morti per mano del Governo, non vogliamo più falsi positivi, basta massacri, chiediamo giustizia”, si leggeva nei cartelli che accompagnavano i funerali
Commenta Cristiano Morsolin, esperto di diritti umani: “Il vescovo ha voluto dare un chiaro segnale che il suo impegno pastorale sta dalla parte delle vittime di un conflitto armato interno che si trascina da quasi sessant’anni. Riemergono dinamiche che hanno indotto la sessione del Tribunale permanente dei popoli a parlare di “genocidio politico” a proposito della storia recente della Colombia, anche dopo gli accordi di pace del 2016. Il grido del vescovo è un gesto controcorrente per difendere la sacralità della vita e della difesa dei diritti umani, in particolare dei popoli indigeni, malgrado le forti tensioni recenti tra l’episcopato e il Governo del presidente Duque, che ha delegittimato le denunce dei vescovi del Pacifico. Questo massacro di 11 indigeni sarà oggetto anche di attenzione di una commissione di verifica dei diritti umani in Colombia, promossa da alcuni parlamentari inglesi e irlandesi in missione in loco dal 3 al 7 aprile”.

attentato contro sede di polizia nella periferia di Bogotá, morto ragazzo di 12 anni, 11 feriti. Padre De Roux al Sir, “il Paese non riesce a uscire dalla guerra”.Commento di Morsolin su Sir-Vaticano

FOTO: P. Roux fa da testimonial al libro di Morsolin

28 marzo 2022

attentato contro sede di polizia nella periferia di Bogotá, morto ragazzo di 12 anni, 11 feriti. Padre De Roux al Sir, “il Paese non riesce a uscire dalla guerra”

Un ragazzo di 12 anni è morto e altre 11 persone sono rimaste ferite (tra cui 7 bambini, tra cui una bimba di 5 anni ricoverata in gravissime condizioni) a causa dell’attentato di sabato (attraverso un pacco bomba) contro la sede della polizia a Ciudad Bolívar, il sobborgo che si trova nel sud della capitale Bogotá, caratterizzato da povertà e tensioni sociali, a causa dei continui sfollamenti di persone che fuggono dalle periferie della Colombia a causa della violenza. Le autorità giudiziarie e le forze dell’ordine stanno indagando sulla matrice dell’attentato.
“Sono profondamente rattristato per l’atto terrorista – dichiara al Sir il gesuita Francisco De Roux, presidente della Commissione della Verità, al termine della messa celebrata a La Soledad, nella sede della provincia della Compagnia di Gesù, nel centro della capitale –. La Colombia non riesce a uscire dalla guerra, che continua a fare molti danni, ai bambini, alle comunità povere, ai contadini sfollati a Ciudad Bolívar, all’esercito, è un danno continuo, molto doloroso… La soluzione della guerra è riconciliazione e dialogo”.
Commenta da Bogotá Cristiano Morsolin esperto di diritti umani: “L’attentato contro la sede della polizia a Ciudad Bolívar fa esplodere la violenza dentro alla capitale di 8 milioni di abitanti, dentro a questo quartiere dormitorio poverissimo, dove lo Stato non garantisce i diritti di base per masse e moltitudini storicamente emarginate. Tra le vittime ci sono ancora dei bambini, in un Paese dove 560.000 bimbi soffrono oggi lo scandalo della fame. Il Governo aumenta la spesa per gli armamenti, mentre 21 milioni colombiani non mangiano tre volte al giorno e la stessa Fao ha lanciato un allarme sulla denutrizione”.

Colombia: attentato contro sede di polizia nella periferia di Bogotá. Padre De Roux al Sir, “non c’è alternativa a riconciliazione. Speranze per il prossimo presidente”

FacebookTwitterLinkedInWhatsAppEmailPrint28 Marzo 2022 @ 9:19

Contenuti correlati

VIOLENZA

Colombia: attentato contro sede di polizia nella periferia di Bogotá. Padre De Roux al Sir, “non c’è alternativa a riconciliazione. Speranze per il prossimo presidente”

“Non c’è altra via rispetto alla riconciliazione”. Lo dice al Sir padre Francisco De Roux, presidente della Commissione della Verità, in seguito all’attentato perpetrato contro la sede della a Ciudad Bolívar, nella periferia sud di Bogotá. “In Colombia – prosegue il gesuita – si sono pentiti molti guerriglieri delle Farc, che rapivano i bambini per reclutarli, che effettuavano sequestri, come quello a Ingrid Betancourt. Danno prova di essere pentiti e lasciano le armi, hanno chiesto perdono. Solo il 12% di loro ha scelto la dissidenza. Anche molti paramilitari hanno chiesto perdono. Eppure a livello di opinione pubblica molti sono furiosi perché alcuni ex guerriglieri delle Farc, a causa dell’accordo di pace, sono presenti in Parlamento. Ma intanto, dopo l’accordo di cinque anni fa, 303 ex combattenti sono stati uccisi. Bisogna cercare la riconciliazione”.
Il presidente della Commissione della Verità vede segnali di speranza dalle recenti elezioni parlamentari e dalle prossime elezioni presidenziali: “Nel giorno delle elezioni, il 13 marzo, non ci sono stati crimini e questo mi tranquillizza. Sono fiducioso che il prossimo presidente della Repubblica possa essere disposto a lottare per la pace e per la difesa dei diritti umani. Secondo i sondaggi, i candidati di sinistra, Gustavo Petro, e di destra, Fico Gutiérrez, andranno al ballottaggio in giugno. Mi auguro che i candidati in campo possano davvero impegnarsi a cercare la costruzione collettiva di una pace autentica, siano disposti a fare profondi cambiamenti, come suggerisce Papa Francesco in ‘Fratelli tutti’. Mi riferisco in particolare all’attuazione di profondi cambiamenti nella giustizia nelle istituzioni governative, per superare l’impunità per i crimini e le violazioni dei diritti umani. E a cambiamenti strutturali, affinché siano rispettati i bambini e i giovani, storicamente esclusi, affinché i contadini abbiano la terra da coltivare, affinché il potere politico ed economico del narcotraffico possa essere eliminato. Tutte queste sono condizioni inalienabili per il futuro presidente, altrimenti non avremo un nuovo Paese, capace di vivere in pace”.

Colombia: elezioni parlamentari e primarie per le presidenziali. Si rafforza la coalizione di sinistra, ma in uno scenario di frammentazione e tensione. Commento di Morsolin su Sir-Vaticano.

14 marzo 2022

Si registra la vittoria delle forze di opposizione all’attuale Governo del presidente Iván Duque alle elezioni parlamentari che si sono svolte ieri in Colombia. Contemporaneamente si sono tenute le elezioni primarie per stabilire i candidati delle principali coalizioni alle presidenziali di maggio, e anch’esse hanno rafforzato il ruolo di favorito di Gustavo Petro, leader dell’alleanza di sinistra e ambientalista “Pacto Histórico”, anche se in proporzioni meno vistose rispetto ad alcuni sondaggi. Il tutto, però, in uno scenario di massima frammentazione (nessuna forza politica supera il 15%) e di tensione, per le minacce e gli attentati che si si sono verificati nelle ultime settimane contro diversi candidati, nelle zone periferiche del Paese. E con una partecipazione elettorale che si è mantenuta sotto il 50% (si aggira infatti attorno al 46,4%).
Commenta da Bogotá Cristiano Morsolin, esperto di diritti umani: “Mi sembra che emerga un voto per il cambiamento, in consonanza con il vento progressista che soffia dal Cile. Esso, però si confronta con lo strapotere delle mafie e della corruzione. Ci sono state oltre 500 denunce di frodi elettorali e acquisto di voti. “Pacto Histórico” diventa primo partito nella Camera che nel Senato, con circa il 15% e rispettivamente 25 e 17 seggi; ottiene 6 milioni di voti alle primarie. In parlamento, aggiungendo i seggi dei versi e quelli speciali riservati alle ex Farc, alle vittime del conflitto e alle minoranze indigene, esiste la possibilità teorica di una maggioranza alternativa. Ci sono numerosi leader sociali ed esponenti della società civile che entrano in Parlamento, spesso donne, come Isabel Zuleta, leader di Ríos vivos, che si oppone al megaprogetto idroelettrico di Hituango, o l’indigena Nasa del Cauca Aida Ulcue. Susana Boreal, a Medellín, come direttrice d’orchestra ha contrapposto la cultura alla repressione. Emerge la nuova leadership della leader afro Francia Marquez, che alle primarie della coalizione di sinistra arriva al secondo posto dietro a Petro”.
Come accennato, le primarie hanno decretato i candidati alle presidenziali delle tre principali coalizioni: oltre a Petro per la sinistra, l’ex sindaco di Medellín, Fico Gutiérrez, a nome della coalizione di destra “Equipo por Colombia”, e l’ex governatore dell’Antioquia, il centrista Sergio Fajardo, per il “Centro Esperanza”. A questi si aggiungono altri 8 candidati, tra cui Ingrid Betancourt, che fu vittima di un lungo rapimento da parte delle Farc, e Óscar Iván Zuluaga, candidato del Centro democratico di Uribe e Duque.