Archivo mensual: diciembre 2021

Israele a mano armata, numero 3-4 della rivista CIPSI. Solidarietà a Laura Boldrini per audizione Ong palestinesi e comunicato del Dep. Erasmo Palazzotto.

Israele a mano armata, numero 3-4 della rivista Solidarietà Internazionale di CIPSI. Solidarietà a Laura Boldrini per audizione Ong palestinesi e comunicato del Dep. Erasmo Palazzotto.

È uscito il numero 3-4/2021 della rivista Solidarietà Internazionale. In questo numero: Copertina: Israele a mano armata, con articoli di Luisa Morgantini, e testimonianze dirette dalla Palestina, Aoi lancia la campagna #InsiemePerLaPalestina, interviste di Rossella Giovannini, Pulizia etnica a Gerusalemme di Piera Redaelli, Le disparità sui vaccini di Valentina Venditti e Ilaria Masieri. Editoriale: Verso una nuova primavera, di Guido Barbera. … e tanti altri articoli!

Copertina: Israele a mano armata, a cura di Luisa Morgantini (già vicepresidente del Parlamento Europeo).

 Israele e i suoi alleati raccontano un mondo alla rovescia. Discriminazioni economiche e sociali, controllo sulla libertà di movimento dei palestinesi, assedio di Gaza. Organismi internazionali non pervenuti. La più profonda delle ingiustizie subite dal popolo palestinese.

– La prigione più grande del mondo, di Rossella Giovannini

-Aoi lancia la campagna #InsiemePerLaPalestina

-Pulizia etnica a Gerusalemme di Piera Redaelli

-Le disparità sui vaccini di Valentina Venditti e Ilaria Masieri

Il Narcostato senza controllo, di Cristiano Morsolin.

Continua il massacro. Narcotrafficanti al servizio dello stato, civili armati. Assassinati, desaparecidos, persecuzione a stampa, oltre 4.200 abusi della polizia. Appello a Laura Boldrini: fermare il commercio delle armi VENOM, partner di Leonardo. 

LINK: https://www.cipsi.it/2021/10/israele-a-mano-armata-e-uscito-il-numero-3-4-della-rivista-solidarieta-internazionale/?fbclid=IwAR3jNl680HL5qDFp_-rt013Akx4qKXYZofOa_ijP2oVqaBmo1lKW_MhVuSQ

ISRAELE, BOLDRINI (PD) AD AMBASCIATA: “AUDIZIONE ONG PALESTINESI PIENAMENTE LEGITTIMA”

«In una sua nota resa pubblica oggi, l’Ambasciata israeliana contesta la legittimità dell’audizione svolta ieri preso il Comitato sui diritti umani nel mondo, di due delle sei ong palestinesi accusate di terrorismo da parte del governo israeliano, e cioè Al-Haq e Addameer. Premesso che il Comitato, organismo interno alla Commissione Affari Esteri, nell’ambito della sua indagine conoscitiva ascolta la voce di decine di organizzazioni e personalità per raccogliere informazioni e opinioni, senza doverli necessariamente per questo condividerle, considero le affermazioni contenute nella nota dell’Ambasciata del tutto inesatte e improprie. Nella nota si sostiene che le due ong fanno parte dell’organizzazione terroristica Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, cosa non vera essendo due associazioni politicamente del tutto autonome e indipendenti che il governo israeliano ha accusato di terrorismo senza fornire però, a detta di molti osservatori e istituzioni internazionali, documentazione sufficiente a supporto di questa accusa. E’ un fatto, come ho ricordato ieri introducendo i lavori del Comitato, che la decisione assunta dal Governo israeliano ha sollevato le critiche non solo di diverse organizzazioni per la difesa dei diritti umani – come Amnesty International e Human Rights Watch -, ma anche di alcuni Governi – Italia, Francia, Regno Unito, e dello stesso Dipartimento di Stato USA – e di rappresentanti delle organizzazioni internazionali. L’Alto Rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune dell’UE, Josep Borrell, ha dichiarato che le 6 organizzazioni incriminate sono inserite nei programmi di finanziamento dell’Unione europea e che, ad oggi, il Governo di Israele non avrebbe ancora fornito alcun tipo di risposta convincente circa l’operato di matrice terroristica delle ONG. Da parte sua, l’Alta Commissaria per i diritti umani delle Nazioni Unite, Michelle Bachelet, ha definito tale accusa una violazione delle libertà di associazione, di opinione, di espressione e di partecipazione attiva alla vita pubblica. Per quanto riguarda il Governo italiano, il 30 novembre scorso, in risposta ad una interrogazione in Commissione, la Viceministra degli esteri Marina Sereni ha espresso la preoccupazione del Governo italiano per la decisione presa dal Ministro della Difesa israeliano e precisato che, «oltre a svolgere una fondamentale opera nei Territori Palestinesi, alcune di queste organizzazioni intrattengono fruttuosi rapporti con le nostre organizzazioni della società civile e con altri Paesi donatori per l’attuazione di importanti progetti di cooperazione.». La viceministra ha anche precisato che il Governo italiano intende portare avanti un’azione di sensibilizzazione nei confronti delle autorità israeliane affinché vengano fornite prove più circostanziate a sostegno delle gravi accuse mosse alle organizzazioni, poiché le informazioni fornite finora da parte israeliana non appaiono sufficienti. Sulla base di queste considerazioni non si può condividere l’affermazione contenuta nella nota dell’Ambasciata secondo la quale Addameer e Al-Haq siano due comprovate organizzazioni terroristiche. Quanto al Signor Shawan Jabarin, Direttore Generale di Al-Haq, definito nella nota “terrorista condannato”, si tratta di una persona che vive liberamente a Ramallah e che altrettanto liberamente viaggia per svolgere incontri di natura istituzionale, come ha fatto anche di recente, nelle diverse Capitali europee e non soltanto europee. Se fosse condannato per terrorismo in Israele non godrebbe certamente di questa libertà. In riferimento poi all’accusa rivolta ad Addameer di aver esercitato la legale difesa di un terrorista, ricordo che nel diritto internazionale così come in tutte le Costituzioni dei paesi democratici il diritto alla difesa è un principio inviolabile di tutte le persone, a prescindere dal reato che viene loro contestato. Ho ritenuto doveroso fare queste precisazioni a prescindere dalla condivisione o meno di quanto affermato ieri dalle persone audite, sui cui interventi si è sviluppato un libero dibattito nel quale si sono confrontate tesi tra loro anche molto diverse, come è normale che sia in una sovrana sede parlamentare”.

Lo scrive sui social Laura Boldrini, deputata Pd e Presidente del Comitato della Camera sui diritti umani nel mondo, ieri 21 dicembre 2021.

COMMENTO DEL DEPUTATO ERASMO PALAZZOTTO

Di seguito, il comunicato per motivare la  solidarietà alla Presidente Boldrini che hanno scritto Erasmo Palazzotto (Presidente della Commissione Parlamentare d’inchiesta sulla morte di Regeni in Egitto) con Yana Ehm, , Chiara Gribaudo, Enza Bruno Bossio, Doriana Sarli, Pino Cabras e Simona Suriano, Fassina, colleghe e colleghi dell’Intergruppo Pace in Medio Oriente.

“Il rispetto dei diritti umani non ha colore politico né bandiere. Addameer e Al Haq, le due ONG palestinesi incriminate, sono esempi virtuosi già riconosciute dall’ONU e dalla Corte penale internazionale quali strumenti utili di cooperazione e assistenza umanitaria nell’ambito di progetti a difesa della popolazione palestinese, come anche ribadito dalla Vice ministra degli esteri, On. Marina Sereni.  Ad oggi il governo di Israele non ha ancora fornito prove concrete a sostegno delle sue accuse come pure ribadito dall’Alto rappresentante UE, Borrell. È molto spiacevole dover assistere ad una vera e propria campagna orchestrata da esponenti politici e organi di stampa della destra secondo la quale il Comitato per i diritti umani nel mondo avrebbe audito, nel luogo più alto della rappresentanza democratica, esponenti di pericolose organizzazioni”.

“Nel prendere nettamente le distanze da quanto da loro affermato, troviamo altresì inaccettabile che l’ambasciata di un paese straniero si pronunci con analoghe parole di condanna interferendo con l’attività della Commissione Affari Esteri. Ribadiamo, anzi, l’assoluta importanza e indipendenza delle prerogative del Parlamento Italiano.

«Alla Presidente del comitato per i diritti umani, Laura Boldrini, la nostra piena solidarietà. Non esistono diritti umani di serie A e serie B, non esistono colori politici o bandiere nell’ambito del rispetto dei diritti umani e delle persone. Dovrebbe invece sempre esistere il pieno rispetto, da parte di tutti, dell’autonomia del Parlamento italiano e dei suoi organi. Auspichiamo infine, che fatti del genere non accadano più e che, anzi, vengano sempre di più favorite occasioni di dialogo e confronto, libero da pregiudizi e preconcetti ideologici e di parte”.

Senador Hugo Richer y políticos latinoamericanos difunden comentarios de Morsolin sobre elección presidencial en Chile.

Gabriel Boric, nuevo presidente de Chile

20 diciembre 2021

El Senador Hugo Richer (Convergencia Socialista), Ministro de Acción Social del Gobierno del Presidente Lugo entre 2008 y 2012 –  ha difundido varios comentarios de Morsolin via twitter:

La esperanza ganó al miedo del fascismo.Histórica victoria de Boric x la transformación de Chile con justicia social. Declaramos ilegal la pobreza,dice alcaldesa @IraciHassler y Mons. Infanti.

(…) «Mi compromiso x defensa de los derechos humanos es inclaudicable. Nunca podremos tener un presidente que le declare la guerra a su propio pueblo». Presidente Boric lanza mensaje a autoritarismo de Colombia y Paraguay.

Mercedes Canese, viceministra de Energia del Gobierno del Presidente Lugo (2008-2012) y actualmente presidenta del partido Frente Guasu de Paragua ha comentado a Morsolin:

“Pronto será Colombia y después Paraguay…así mismo querido Cristiano!!! que felicidad. Te envío el pronunciamiento del Frente Guasu…

Felicitaciones a Gabriel Boric, nuevo Presidente electo, y al hermano pueblo De Chile por esta victoria histórica.

🔸 Desde el Frente Guasu de Paraguay, expresamos nuestras felicitaciones a Gabriel Boric, Presidente electo de Chile, a toda la militancia política y social que trabajó en este proyecto de triunfo, como también a todo el hermano pueblo de Chile por la victoria que se concretó hoy en las elecciones presidenciales de este país.

🔸 El hermano pueblo de Chile dio una lección de enorme madurez hoy al lograr la unidad necesaria para derrotar a las expresiones del pasado pinochetista y la extrema derecha.

🔸 Este triunfo histórico de la izquierda y el progresismo en Chile es la síntesis de un enorme proceso de lucha social, que tuvo como protagonista al pueblo en las calles, y que recientemente devino en una Convención Constituyente, que hoy está elaborando una Constitución que deja atrás el legado autoritario de Pinochet que continuaba todavía instalado.

🔸 Saludamos esta enorme victoria, y la consideramos un triunfo no solo para el pueblo chileno, sino para todos los pueblos de nuestra America Latina que luchan para construir un futuro con mayor democracia y justicia social.

🔸 Gabriel Boric se suma hoy a un proceso de transformación política para nuestra America Latina, que estamos seguro significará determinante en la construcción de un proyecto transformación social, integración y hermandad entre todos lo pueblos latinoamericanos.

¡Salud hermano pueblo de Chile!

Asunción, 19 de diciembre de 2021

Tania Pariona, la mas joven presidenta de la Comisión de la Mujer del Congreso de la Republica de Perù en 2018, ha declarado a Morsolin:

“El nuevo presidente de #Chile es Gabriel Boric, un político joven de 35 años, destacó siendo líder estudiantil y también fue diputado el año 2014.

Se torna un escenario favorable para concretar la Nueva Constitución, proceso en curso en la Convención Constitucional.

Guardamos la esperanza de cambios a favor de los pueblos indígenas de Chile”.

Eduardo Suplicy, fundador del PT con Lula y actual Concejal de Sao Paulo ha declarado:

Parabéns ao povo chileno pela eleição de Gabriel Boric! Um líder progressista, de apenas 35 anos, que tem um programa de governo mais igualitário, democrático e com forte participação popular. Estou à disposição do Presidente @GabrielBoric e do povo chileno para ajudar na implantação da Renda Básica Universal e Incondicional como um direito à Cidadania.

HAIKE HANSEL, parlamentaria de Die Linke de Berlin, ha declarado:

“Che vittoria storica! Il #Cile ha respinto il #neoliberismo e ha impedito che un sostenitore neofascista di Pinochet diventasse presidente nelle punture. Che vittoria storica per il popolo del #Cile nella lunga lotta per la giustizia sociale e una vita dignitosa per tutti! Congratulazioni a #GabrielBoric e a tutti coloro che sono stati in strada tra grandi sacrifici negli ultimi anni per la fine del neoliberismo!! Nonostante la #violenza della polizia, i morti e le migliaia di feriti dall’inizio delle proteste sociali del 2019 e il forte silenzio degli Stati occidentali compreso il governo federale, la popolazione non si è scoraggiata. Con una nuova costituzione socialmente orientata e il presidente di sinistra Boric, è ora possibile porre fine alla politica neoliberale di privatizzazione imposta sanguinosamente dal dittatore #Pinochet per una piccola élite del Paese. Affinché le parole del grande poeta cileno e premio Nobel Pablo Neruda diventino realtà: «Voglio TERRA, FUOCO, PANE, MEGLIO, ZUCCHERO, MARE, LIBRI, CASA PER TUTTI»

Was für ein historischer Sieg! #Chile hat den #Neoliberalismus abgewählt und verhindert, dass ein neofaschistischer Pinochet-Anhänger in der Stichwahl Präsident wird. Was für ein historischer Sieg für das Volk in #Chile in dem langjährigen Kampf für soziale Gerechtigkeit und ein würdiges Leben für Alle! Glückwunsch an #GabrielBoric und alle, die unter grossen Opfern die letzten Jahre auf der Strasse waren für ein Ende des Neoliberalismus!! Trotz #Polizeigewalt, Toten und tausenden Verletzten seit Beginn der sozialen Proteste 2019 und lautem Schweigen der westlichen Staaten einschliesslich der Bundesregierung, hat sich die Bevölkerung nicht entmutigen lassen. Mit einer neuen sozial ausgerichteten Verfassung und dem linksgerichteten Präsidenten Boric kann nun die von Diktator #Pinochet blutig durchgesetzte neoliberale Politik der Privatisierung für eine kleine Elite im Land beendet werden. Damit die Worte des grossen chilenischen Dichters und Nobelpreisträgers Pablo Neruda Wirklichkeit werden: „Ich möchte ERDE, FEUER, BROT, MEHL, ZUCKER, MEER, BÜCHER, HEIMAT für ALLE“

Gabriel Boric è il nuovo presidente. Il Paese volta pagina, ma la strada non è in discesa. Commento di Morsolin su SIR-Vaticano.

(Foto ANSA/SIR)

20 dicembre 2021

Il nuovo presidente cileno è Gabriel Boric, con il 55,87% dei voti. Il trentacinquenne ex leader studentesco, in questo mese, si è sforzato in ogni modo di dare di sé un’immagine rassicurante e moderata, a dispetto dell’appoggio, tra gli altri, del Partito comunista. Se i cileni avessero scelto l’altra strada, del resto, il presidente sarebbe stato ancora più “estremo”, José Antonio Kast, leader della destra radicale, contrario alla Costituente, in gioventù simpatizzante di Pinochet

Due opzioni che più diverse non potevano essere, ciascuna delle due non priva di incognite, anche pesanti. È l’alternativa alla quale i cittadini cileni si sono trovati di fronte, nel ballottaggio di ieri per le elezioni presidenziali: da un lato, spingersi oltre sulla strada intrapresa circa due anni fa, con la protesta sociale che aveva messo in discussione, in alcuni casi in modo violento, le diseguaglianze frutto di un modello economico liberista, risalente ai tempi di Augusto Pinochet e mai realmente corretto. E proseguire, dunque, con l’esperienza della Costituente. Dall’altro lato, invece, tornare indietro con le lancette di due anni, e forse anche di più.
I cittadini hanno scelto, con nettezza e chiarezza, la prima strada, in fondo la più logica e coerente, anche se, come accennato, non priva di rischi: il nuovo presidente è, dunque, Gabriel Boric, con il 55,87% dei voti.Il trentacinquenne ex leader studentesco, in questo mese, si è sforzato in ogni modo di dare di sé un’immagine rassicurante e moderata, a dispetto dell’appoggio, tra gli altri, del Partito comunista. Se i cileni avessero scelto l’altra strada, del resto, il presidente sarebbe stato ancora più “estremo”, José Antonio Kast, leader della destra radicale, contrario alla Costituente, in gioventù simpatizzante di Pinochet. Un’ombra che lo ha inseguito per tutta la campagna elettorale, e ancor più dopo la sorprendente vittoria al primo turno, e che si è ingigantita proprio in dirittura d’arrivo, con la morte, avvenuta giovedì scorso, a 99 anni, della moglie del dittatore, Lucía Hiriart Rodríguez, considerata la “lady di ferro”, con un ruolo fondamentale nel forgiare il profilo dello spietato dittatore.

Il fantasma di Pinochet. “La morte della vedova di Pinochet non ha mio avviso portato voti alla destra, anzi probabilmente è avvenuto il contrario, anche se la mia è solo una congettura”, afferma Luis Horacio Franco Gaviria, docente in Filosofia morale e politica all’Università del Cile, attualmente ricercatore del gruppo Phyloiuris dell’Università Libera di Colombia – sede di Cali, coordinatore di progetti di cooperazione internazionale e ricercatore dell’ong Aculco di Madrid, dove vive in questo momento.
Secondo il docente, “quanto è accaduto ha ravvivato la memoria di quella stagione, con il suo carico di lutti per il Paese.Nessuno vuole tornare indietro a quegli anni. In generale, oggi, l’elettorato ha poca memoria. Ma se accade un fatto come quello della morte della signora Pinochet, ecco che d’un tratto la memoria torna.Tutti sanno che un tempo Kast ha manifestato simpatia per Pinochet, per il modello thatcheriano, e più recentemente per Bolsonaro”.

Decisivo il voto dei giovani. Ma non è questo il primo motivo della vittoria di Boric.Secondo Franco Gaviria, “il candidato della sinistra ha avuto in queste settimane una strategia chiara per rimontare lo svantaggio rispetto a Kast, si è concentrato sui giovani, molti dei quali avevano disertato le urne al primo turno, e sulla gente comune. Kast, viceversa, ha cercato di tessere alleanze con gli sconfitti, in particolare con il terzo classificato, l’economista Franco Parisi. Una scelta, quella di Boric, coerente con il suo profilo, cioè di essere il candidato che dava voce alla protesta di questi due anni. A lui la gente ora chiede di non interrompere il processo della Costituente, e di garantire maggiori servizi pubblici, una scuola di qualità”.

Insomma, anche se di misura, la scelta dei cileni va nella stessa direzione del voto di qualche mese fa per la Costituente. In questo senso si possono leggere le prime parole di Boric, al quale sono subito andate le congratulazioni del suo avversario e del presidente uscente Sebastián Piñera: “Il mio impegno di ogni giorno è proteggere la democrazia come sostantivo, nei quartieri, con un piede nella strada, perché il palazzo della Moneda è della gente, le organizzazioni sociali devono essere protagoniste”
Ma questo non significa che per il nuovo presidente la strada sia in discesa. In primo luogo, egli dovrà fugare i dubbi sul suo reale profilo riformista.“In passato – ricorda Franco Gaviria –, Boric ha espresso simpatie per il Governo venezuelano di Maduro”. Inoltre, “la situazione politica, sociale, ed economica è davvero complessa, anche a causa della pandemia. E Boric dovrà comunque moderare la sua proposta e negoziare con un Parlamento dove non avrà una maggioranza precostituita”.Sullo sfondo, la fortissima polarizzazione, che il ballottaggio ha confermato, dato che Kast ha comunque vinto in molte zone periferiche del Paese.Una tendenza, del resto, di tutto il Continente: “È il frutto del discredito della politica, in America Latina e non solo. Non si vota tanto a favore, ma contro il candidato che si vuole evitare”.

La Chiesa chiede “vie di dialogo”. In ogni caso, si apre una nuova pagina per il Cile, ed è positivo che ciò sia avvenuto con una maggiore partecipazione rispetto a un mese fa. La stessa Chiesa, alla vigilia, aveva invitato ad andare a votare. Lo aveva fatto la Conferenza episcopale, e tale invito era stato ribadito con forza da alcuni vescovi, come mons. Fernando Chomali, arcivescovo di Concepción, che ha parlato di momento “delicato ma anche interessante”, e mons. Luis Infanti della Mora, vescovo del vicariato apostolico di Aysén, che ha anche sottolineato: “Il potere non è centrato solo nella dimensione economica”.Da qui la necessità di ascoltare la voce della società civile, che chiede politiche sociali più attente alle fasce deboli della popolazione.“È il fallimento del modello liberista dei Chicago boys”, commenta l’esperto di diritti umani Cristiano Morsolin, secondo il quale,“come afferma mons. Infanti, si apre una nuova sfida, che ha come sfondo le ‘tre T’, tierra, techo e trabajo (terra, casa lavoro) di papa Francesco e la lotta alla povertà”.
Restano, in ogni caso, le richieste fatte alla vigilia dalla Conferenza episcopale al nuovo presidente:

“Gli chiediamo di governare per tutti i cileni, cercando vie di dialogo, intesa, giustizia e fratellanza”.

Ribaditi nel saluto che, immediatamente, la Conferenza episcopale ha rivolto al nuovo presidente nella tarda serata cilena: “Il Paese le ha espresso un voto di fiducia e le affida una grande missione, destinata a dirigere il destino del nostro Paese come prima autorità e primo servitore”. Dal canto suo, “la Chiesa cilena vuole continuare a contribuire, dalla sua particolare missione, alla costruzione di un’umanità più giusta e fraterna, dove soprattutto i poveri e coloro che soffrono siano rispettati nella loro dignità. Conti sul nostro sostegno e sulla nostra preghiera, e sul contributo della nostra azione pastorale, che svolgeremo sempre nel rispetto dell’ordine democratico del nostro Paese e delle sue autorità legittimamente elette”.

aeroporto di Cúcuta, due agenti e un attentatore morti per due esplosioni. Si indaga su matrice in un clima di tensione. Commento di Morsolin su SIR-Vaticano.

15 dicembre 2021

Due agenti di polizia e un presunto attentatore sono morti ieri a causa di due esplosioni provocate da altrettanti ordigni nelle immediate vicinanze dell’aeroporto Camilo Daza di Cúcuta, città colombiana capoluogo del dipartimento del Norte de Santander, al confine con il Venezuela.
Secondo le prime ricostruzioni, una prima bomba è esplosa poco dopo le 5 del mattino, causando la morte di uno dei presunti autori dell’attacco, che secondo alcuni testimoni stava tentando di scavalcare la recinzione dell’aeroporto. Un’ora e mezza più tardi, due agenti del corpo degli artificieri sono morti mentre tentavano di far brillare un altro ordigno rinvenuto nella zona dello scalo.
Sono in corso indagini per accertare gli autori dell’attentato. Il ministro della Difesa Diego Molano ha chiamato in causa le guerriglie dell’Eln e della dissidenza Farc, che hanno le loro basi nel vicino Venezuela. Altri chiamano in causa i paramilitari del Clan del Golfo. La zona è una delle più instabili del Paese (si sono registrati sei attentati negli ultimi mesi), sia perché Cúcuta è la principale porta d’accesso al Venezuela ed è dunque zona di traffici e contrabbando, sia perché nello stesso dipartimento, non lontane dalla città, esistono zone ad altissimo tasso di violenza, presenza di gruppi armati e coltivazione di coca. Ciò accade in particolare nella provincia del Catatumbo, dove operano le guerriglie delle ex Farc, delle Eln, i “pelusos” dell’Esercito di liberazione nazionale (in origine un piccolo gruppo guerrigliero di matrice maoista), paramilitari e cartelli internazionali del narcotraffico.
Commenta dalla Colombia Cristiano Morsolin, esperto di diritti umani: “Questo tragico attentato colpisce uno scalo con alto traffico di passeggeri, in questo periodo natalizio. Dimostra, a mio avviso, il potere delle mafie, soprattutto se dovesse emergere la responsabilità del Clan del Golfo, legato al narcobusiness con il Messico. Purtroppo, l’impressione è quella di un Paese allo sfascio, considerando anche il primato mondiale nelle uccisioni di leader sociali e ambientali. Attualmente il presidente Duque ha un tasso di impopolarità che arriva al 70%. Proprio nei giorni scorsi senatori di vari partiti, in Italia, hanno chiesto al ministro degli Esteri Luigi Di Maio di condizionare investimenti economici e in armamenti al rispetto dei diritti umani, sistematicamente violati in Colombia. Lo scorso 5 dicembre la Leonardo, co-partecipata italiana che costruisce i lanciamissili Venon, usati dalla polizia per reprimere nei mesi scorsi la protesta sociale, era presente alla rassegna Expodifesa di Bogotá”.

P. Giraldo (gesuita) al Sir, “mancata applicazione degli accordi alla base della protesta sociale dei mesi scorsi”. Commento di Morsolin su Sir-Vaticano.

10 dicembre 2021

“Il mancato rispetto degli accordi di pace è un elemento che dà forte motivazione alla protesta a livello nazionale, che copre l’intero Paese”. Lo afferma al Sir, a proposito della situazione della Colombia, nella Giornata internazionale dei diritti umani, padre Javier Giraldo, che dal 1972 lavora per il Centro di ricerca ed educazione popolare (Cinep) dei gesuiti. A questa motivazione di fondo, si aggiungono situazioni locali, come quella di Cali, epicentro della protesta dei mesi scorsi: “È una delle città dove il neoliberismo e le multinazionali si sono sviluppati intensamente, con un’alta percentuale di presenza etnica, soprattutto afro-colombiana, e anche la popolazione indigena è molto vicina. I giovani protagonisti della mobilitazione si definiscono ‘senza futuro’: non hanno potuto avere un’istruzione, un lavoro, l’accesso ai servizi di base, al cibo. Loro stessi dicono che, se non fossero sulle barricate, non avrebbero niente da mangiare. Stanno godendo della solidarietà di altri settori della società che hanno alimentato mense comunitarie”.
Padre Giraldo torna anche sulla sessione del Tribunale permanente dei popoli, di cui è vicepresidente, dedicata alla Colombia nei mesi scorsi: “La sentenza appena emessa sul genocidio in Colombia è esemplare. Copre la dimensione di un libro e approfondisce due secoli di esistenza e sofferenza del popolo colombiano. Ciò è stato proprio motivato dal fatto che, dopo diverse sessioni del Tpp, i Governi non hanno mai accettato di mettere in pratica le raccomandazioni della Corte e gli stessi movimenti sociali in Colombia hanno iniziato a fare una valutazione approfondita, hanno visto che i grandi massacri e le manifestazioni di oppressione rispondevano allo stesso copione. Da qui l’idea di chiedere al Tribunale permanente dei popoli di leggere le strutture genocide dello Stato colombiano, quasi dalla sua fondazione”.
Commenta da Bogotá Cristiano Morsolin, esperto di diritti umani: “Sono stato testimone che padre Giraldo ha consegnato una stola, con i colori arcobaleno del popolo maya, al Museo nazionale per ricordare i martiri di centinaia di massacri realizzati in mezzo secolo di conflitto armato, nel quinto anniversario della firma degli accordi di pace. È la stola della resistenza non-violenta, mentre l’attuale Governo è stato criticato da vari esperti internazionali per porre ostacoli alla pace, con un bilancio di sangue molto preoccupante: 1.200 leader sociali assassinati e 300 ex guerriglieri. Ma ci sono anche nuove realtà che si impegnano per la pace. Per esempio, l’Università Santo Tomas d’Aquino di Bogotá e l’Istituto accademico di pace Ipazde – promosso dai padri dominicani – hanno deciso di iniziare nel 2022 un nuovo corso universitario per avviare in Colombia il dibattito internazionale sulla corruzione e le mafie”.

II PARTE

“Penso che in Colombia la parola pace sia diventata molto sfocata a partire dalla firma degli accordi di cinque anni fa, proseguendo con quella che è stata chiamata attuazione, che sta proseguendo molto al ribasso, come tutti possono vedere. Ad esempio, per quanto riguarda la questione della terra, dove sono i tre milioni di ettari che dovrebbero essere restituiti ai contadini in 12 anni? Il Fondo fondiario che dovrebbe distribuire la terra ai contadini è soggetto a una gestione clientelare in cui domina la corruzione”. Ad affermarlo, al Sir, nella Giornata internazionale dei diritti umani, è padre Javier Giraldo, che dal 1972 lavora per il Centro di ricerca ed educazione popolare (Cinep) dei gesuiti, ed è vicepresidente del Tribunale permanente dei popoli (Tpp) che nei mesi scorsi ha tenuto a Bogotá una sessione sul “Genocidio politico in Colombia”. Tra l’altro, padre Giraldo accompagna da anni la Comunità di pace di Apartadó e altre esperienze ecclesiali di resistenza non violenta.
Padre Giraldo esprime la sua opinione sull’accordo con le Farc, il cui quinquennale è stato celebrato due settimane fa: “Ci sono state tre firme dell’Accordo, all’Avana, a Cartagena e al teatro Colón di Bogotá. Tra la prima firma e la terza c’erano parecchie differenze. Molte delle cose che erano state concordate durante i negoziati sono state soppresse in questo processo, specialmente molte cose che riguardavano le vittime e la giustizia. Ho partecipato ad alcuni negoziati all’Avana, ma ancora prima, negli incontri preliminari a Oslo (Norvegia), lo stesso presidente Juan Manuel Santos e il principale negoziatore Humberto de la Calle avevano affermato molto chiaramente che il modello economico non poteva essere toccato, nemmeno il modello politico, né il modello militare. Ma credo che proprio in quegli ambiti si trovino le radici della violenza. In secondo luogo, dopo le firme è ciò che è già accaduto in altri processi di pace, in cui sono stati assassinati coloro che smobilitavano, che consegnavano le armi. Già 300 persone che avevano consegnato le armi sono state uccise. In terzo luogo, le forme di violenza vengono ‘riciclate’, ripetute. Ad esempio, in Colombia l’assassinio di leader sociali si è notevolmente intensificato dall’accordo di pace del novembre 2016”.
Inoltre, afferma il gesuita, “anche la repressione dei movimenti sociali e della protesta sociale si è intensificata, come si è visto negli ultimi mesi dello sciopero nazionale con brutalità e violenza così terrificanti, una repressione così brutale”.