Archivo mensual: julio 2021

p. De Roux (Commissione della Verità), “una vergogna che il Paese esporti la guerra, come dimostrano i fatti di Haiti”. Commento di Morsolin su SIR-Vaticano.

23 luglio 2021

“Indipendentemente dal problema politico che esiste ad Haiti, stiamo esportando questa guerra che da tutte le parti ha prodotto crimini contro l’umanità. Che vergogna che la Colombia stia esportando la guerra”. È la valutazione offerta al Sir dal presidente della Commissione della Verità, il gesuita padre Francisco De Roux, in merito al coinvolgimento di mercenari colombiani nell’assassinio del presidente di Haiti, Jovenel Moise. Un fatto che in Colombia ha creato un forte dibattito. “Siamo specializzati in questa guerra brutale e vergognosa ed è ciò che andiamo a vendere al mondo – denuncia padre De Roux -. Come sarebbe bello che sorgesse una mobilitazione per gridare che non solo sia vietato per la Colombia ‘vendere’ una guerra orribile, ma anche che ci sia una punizione internazionale per questo”. Il gesuita ribadisce così quanto affermato domenica scorsa.

“Durante l’omelia della messa delle 11.30, nella parrocchia La Soledad, in zona Parkway, padre De Roux ha denunciato l’esportazione dei mercenari colombiani ad Haiti per destabilizzare il continente”, commenta Cristiano Morsolin, esperto di diritti umani.
Nel frattempo, martedì 20 luglio, giorno di festa nazionale, si sono svolte nuove manifestazioni e si sono verificate nuove repressioni, dopo quelle dei mesi scorsi. “Nell’anniversario dell’Indipendenza sono ritornate in strada a marciare decine di migliaia di giovani manifestanti – prosegue Morsolin -; a Cali si è realizzata un’assemblea nazionale dei movimenti sociali, mentre la polizia cercava di bloccare diversi pullman attraverso i quali arrivavano i partecipanti.

Ha partecipato anche l’arcivescovo di Cali, mons. Dario Monsalve, che ha richiamato la cultura del dialogo contenuta nell’enciclica ‘Fratelli tutti’, esortando a sapere unire un unico popolo”. Secondo l’ong Temblores, solo martedì si sono verificati 128 episodi di violenza e repressione sproporzionata da parte delle forze dell’ordine.

Colombia: padre De Roux (Commissione della Verità), “una vergogna che il Paese esporti la guerra, come dimostrano i fatti di Haiti”

Mario Paciolla: un anno dopo restano intatte le tante domande sulla sua morte. Commento di Morsolin su SIR-Vaticano.

15 luglio 2021

Un anno è trascorso da quel 15 luglio 2020. E sono davvero pochi, dovuti essenzialmente alla caparbietà di fonti indipendenti, di coraggiosi giornalisti e attivisti, di qualche politico d’opposizione, i passi in avanti sulla morte (probabilmente sull’uccisione) di Mario Paciolla, il cooperante di 33 anni, originario di Napoli, che lavorava per le Nazioni unite, nell’ambito del Programma per lo sviluppo, per l’implementazione del processo di pace in una delle aree storicamente più calde del Paese, San Vicente del Caguán, nel dipartimento sud-orientale del Caquetá. Un anno dopo, dunque, pur senza certezze, molti elementi fanno sempre più pensare che la sua morte sia stata voluta, come tante in questo Paese insanguinato, dai “signori della guerra”. Per la prima volta la Conferenza episcopale colombiana, attraverso il direttore del segretariato di Pastorale sociale e Caritas, mons. Héctor Henao, contattato dal Sir, prende posizione sulla vicenda, pur senza entrare sui temi delle inchieste in atto.

(Foto ANSA/SIR)

Un anno è trascorso da quel 15 luglio 2020. E sono davvero pochi, dovuti essenzialmente alla caparbietà di fonti indipendenti, di coraggiosi giornalisti e attivisti, di qualche politico d’opposizione, i passi in avanti sulla morte (probabilmente sull’uccisione) di Mario Paciolla, il cooperante di 33 anni, originario di Napoli, che lavorava per le Nazioni unite, nell’ambito del Programma per lo sviluppo, per l’implementazione del processo di pace in una delle aree storicamente più calde del Paese, San Vicente del Caguán, nel dipartimento sud-orientale del Caquetá.Un anno dopo, dunque, pur senza certezze, molti elementi fanno sempre più pensare che la sua morte sia stata voluta, come tante in questo Paese insanguinato, dai “signori della guerra”.Con l’aggravante, però, di non essere stato adeguatamente “protetto” dai “signori della pace”, o presunti tali.

Una “luce di speranza”. Ma mentre il mistero resta fitto, se non altro c’è chi auspica che il suo, apprezzato, lavoro per la pace non sia stato vano.Per la prima volta la Conferenza episcopale colombiana, attraverso il direttore del segretariato di Pastorale sociale e Caritas, mons. Héctor Henao, contattato dal Sir, prende posizione sulla vicenda, pur senza entrare sui temi delle inchieste in atto.“Anzitutto – afferma mons. Henao -, apprezziamo sinceramente la presenza di volontari e organizzazioni internazionali che supportano l’attuazione dell’accordo di pace firmato tra il governo nazionale e le Farc. Il processo richiede il sostegno della comunità internazionale, soprattutto nelle aree dove questa guerriglia era presente da decenni.San Vicente del Caguán è uno di quei luoghi dove la presenza di volontari come Mario Paciolla è una luce di speranza.Lì, le comunità sperimentano le complessità di un processo di pace che presenta sempre sfide e una di queste è il ritorno e l’intensificarsi della violenza”. Mario, prosegue il direttore della Pastorale sociale colombiana, “è morto mentre forniva un prezioso servizio a comunità altamente vulnerabili. Ora è il momento di riconoscere il lavoro e il contributo di tanti volontari che vengono da luoghi lontani, come Napoli, in Italia, con la convinzione che il loro contributo aiuterà nel lungo cammino a consolidare una società pacifica e fraterna”.

E, nonostante una nostra fonte anonima faccia cenno agli “amici” di Mario, ora “inginocchiati e ipocriti, oppure impauriti”, l’azione del cooperante trova invece gratitudine nella popolazione locale, come ci spiega da San Vicente del Caguán Mercedes Mejia, coraggiosa attivista ambientale e docente all’Università dell’Amazzonia: “Nell’anniversario abbiamo organizzato una commemorazione di Mario, nei mesi scorsi gli abbiamo dedicato un convegno.Se avessi la possibilità di parlare con i suoi familiari, direi loro che la Colombia non ha dimenticato l’azione di Paciolla per la pace.È passata l’idea che qui tutti siano indolenti e insensibili, ma non è così”.

Stranezze e interrogativi.

Restano intatte le tante domande sulla morte di Mario Paciolla.

Fin da subito, sono iniziate le “stranezze”: l’appartamento dove viveva è stato subito pulito; la missione Onu se n’è improvvisamente andata da San Vicente; la morte di Paciolla è stata fatta frettolosamente passare per suicidio. Gran parte delle incongruenze è stata messa in fila dalla giornalista d’inchiesta free lance Claudia Julieta Duque, che ha pubblicato vari reportage sul quotidiano “El Espectador”, e si è mossa con determinazione in un mare di silenzio e omertà.Paciolla, del resto, temeva per la sua vita, aveva acquistato un volo di sola andata per l’Italia. Ma un anno dopo, le Istituzioni ufficiali non danno alcuna risposta.Da San Vicente del Caguán, il “Defensor del pueblo” del Caquetá, Gerney Calderón, interpellato dal Sir, ammette di non essere al corrente di informazioni”, di aver letto solo le notizie sulla stampa.

All’inizio fu il “bombardeo”.Ma chi aveva interesse a togliere la vita a Paciolla?E perché, da parte dell’Onu, c’è stata una gestione della vicenda che possiamo definire quanto meno “opaca”?

Una prima ipotesi porta al “bombardeo”, cioè al bombardamento del novembre 2019 contro la dissidenza Farc da parte dell’esercito, proprio nella zona di San Vicente.Sotto le bombe erano finiti (consapevolmente, si è saputo poi) anche alcuni minori (sicuramente otto, ma si è arrivati a ipotizzarne 36). Una pagina bruttissima (subito denunciata dal Sir) che aveva portato alle dimissioni dell’allora ministro della Difesa Botero, in seguito alla denuncia, davvero molto circostanziata, del senatore Roy Barreras, vicino all’ex presidente Santos. Contattato telefonicamente dal Sir, Barreras, che nei mesi scorsi è stato anche in Italia, è ancora convinto, oggi, che da lì si debba partire: “Un anno dopo la morte di Mario Paciolla resta un mistero, ma tanti dubbi persistono – ci spiega -. Dal Governo ancora non arrivano spiegazioni, ma io sono convinto che la vicenda Paciolla sia legata al ‘bombardeo’ e, in modo più ampio alla storia militare colombiana”. Il senatore, che su questo si è espresso pubblicamente in un dibattito in Senato,si riferisce a un rapporto dell’intelligence in cui un cittadino italiano, che lavorava come operatore umanitario delle Nazioni Unite, veniva “accusato” di aver fatto trapelare informazioni sul bombardamento.“Riferimenti che corrispondono al cooperante italiano”, dice Barreras che aggiunge: “Cosa succede nell’esercito colombiano? Quali connessioni con altri gruppi? Ci sono tanti interrogativi, come si vede in questi giorni con il caso dei militari in pensione che facevano parte del commando che ha ucciso il presidente di Haiti”. Il senatore dice invece di non avere notizie su eventuali “infiltrazioni nella missione delle Nazioni Unite”.

Certo, su questi temi, sarebbe importante il contributo di osservatori internazionali indipendenti. “Ma il presidente Duque – afferma Cristiano Morsolin, esperto di diritti umani in Colombia – rifiuta gli osservatori internazionali e respinge le raccomandazioni della Commissione interamericana per i diritti umani (Cidh). In particolare rifiuta la Missione speciale sui diritti umani in Colombia, meccanismo della giurisdizione latinoamericana della Cidh, per verificare in loco, nei prossimi mesi, le raccomandazioni Cidh emesse scorso 7 luglio.L’establishment in Colombia non vuole testimoni europei, non vuole osservatori internazionali, perché la politica dei massacri è legata al modello colombiano delle barbarie, che viene pure esportato, come dimostra il caso di Haiti”.

Interessi e conflitti ambientali. Altri interrogativi, come ci spiega la prof. Mejia, ci portano proprio nella missione Onu e al discusso responsabile di allora, Christian Thompson, che secondo un articolo apparso sul giornale online “Ojo público” avrebbe ricevuto da Paciolla una richiesta d’aiuto quattro giorni prima della morte. Lo stesso Thompson, secondo lo stesso articolo, in precedenza aveva lavorato per l’Agenzia degli Stati Uniti per lo Sviluppo internazionale in Colombia e di società private legate a progetti estrattivi, e anche recentemente, rivela Mercedes Mejia, per progetti petroliferi nel dipartimento del Putumayo. La docente e attivista è in prima linea in numerosi conflitti ambientali e contro progetti estrattivi, oppure nella difesa dei piccoli proprietari terrieri. Proprio in assemblee comunitarie di popolazioni indigene e campesine, la Mejia aveva conosciuto Paciolla, anche se non direttamente.Non sempre, in questi anni, l’Onu è stata alleata delle popolazioni locali e indigene.Da registrare, negli ultimi mesi la battaglia contro l’alleanza strategica siglata tra il programma Onu e l’impresa petrolifera GeoPark per progetti nel Putumayo. Un’alleanza, però, cancellata nel maggio scorso.

Intanto, ci dice padre Angelo Casadei, missionario della Consolata, da tempo nel Caquetá, a Solano (a una certa distanza dalla zona del Caguán: “Mi risulta che la Missione Onu sia pronta a rientrare a San Vicente”. Per il resto, il missionario spiega che del caso Paciolla si è parlato con i confratelli, storicamente presenti nella regione, ma senza avere elementi decisivi:“La Colombia è un Paese tanto complicato. E qui c’è una storia fatta di contraddizioni, conflitti, presenza storica della guerriglia e, ora, dei dissidenti Farc”.I morti, tra i difensori dei diritti umani e gli ex guerriglieri che hanno accettato l’accordo di pace, non si contano. Uno di questi, Marco Tulio Salcedo, era stato intervistato proprio da padre Casadei, poco tempo prima di venire ucciso. Insomma, Paciolla fa parte di una lunga scia di morte. Ma, per motivi ancora non del tutto chiari, la sua fine sembra particolarmente inquietante e singolare.

America Latina: attese e forte presenza per Incontro mondiale dei movimenti popolari promosso dal Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale. Commento di Morsolin su Sir-Vaticano.

9 luglio 2021

C’è una forte presenza e attenzione, da parte dell’America Latina, all’Incontro mondiale dei movimenti popolari, che si svolge oggi in modalità virtuale.

Cristiano Morsolin, esperto di diritti umani in America Latina, spiega infatti: “Dopo apertura del card. Turkson ci saranno vari interventi di esperti latinoamericani, a partire dal presidente della Pontificia Accademia delle scienze sociali, mons. Marcelo Sánchez Sorondo, che rifletterà sulla pandemia e sulle conseguenze dei sistemi liberisti. Quindi, il leader sindacale e attivista argentino Juan Grabois, che parlerà del tema: ‘Cosa mette a nudo il Covid-19?’. E, ancora, Joao Pedro Stedile, storico leader dei senza terra brasiliani.

Parteciperanno anche rappresentanti dei movimenti sociali, contadini e riciclatori della Colombia, in un contesto di speranza per l’elezione del nuovo presidente Cec, mons. Luis José Rueda, che ha dimostrato molta attenzione alla difesa dei diritti umani. dopo oltre due mesi di marce e mobilitazioni popolari”.
La seconda parte di questo incontro, promosso dal Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale, si terrà a settembre. L’incontro, come i precedenti negli ultimi sette anni, è un’occasione per condividere il lavoro e le lotte dei movimenti popolari, particolarmente durante la pandemia.


Sarà trasmesso in diretta e in contemporanea in spagnolo, inglese, portoghese e francese dai mass media dei movimenti popolari. A questo IV incontro parteciperanno delegati e delegate provenienti dall’America (settentrionale, centrale e meridionale), Europa, Africa e Asia.
Sono rigattieri, riciclatori, venditori ambulanti, stilisti, artigiani, pescatori, contadini, costruttori, minatori, operai di aziende recuperate, tutti i tipi di cooperative, lavoratori dei settori popolari, lavoratori cristiani appartenenti a diversi settori e professioni, lavoratori provenienti da quartieri e villaggi.

America Latina: attese e forte presenza per Incontro mondiale dei movimenti popolari promosso dal Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale

FOTO: Papa Francesco riceve Cristiano Morsolin nell’udienza in Vaticano del 20 ottobre 2017

Regime Pinochet: definitivi ergastoli a 3 militari condannati per uccisione e sparizione di Juan José Montiglio e Omar Venturelli. Morsolin, “emerge forza di giustizia internazionale”. Commento di Morsolin su SIR-VATICANO.

FOTO: Papa Francesco riceve Cristiano Morsolin in udienza in Vaticano , 20 ottobre 2017

2 luglio 2021

Sono definitivi gli ergastoli inflitti nel luglio del 2019 a tre alti militari cileni del regime del generale Augusto Pinochet, accusati dalla Procura di Roma di omicidio plurimo e della sparizione dei corpi dei cittadini italiani Juan José Montiglio e Omar Venturelli (sacerdote vicino alla teologia della liberazione prima di lasciare l’abito). Gli ufficiali cileni sono il colonnello Rafael Francisco Ahumada Valderrama, il sottufficiale Orlando Vasquez Moreno e il brigadiere Manuel Vasquez Chahuan. Il procuratore generale Pietro Maria Catalani ha inviato alle autorità cilene la richiesta di arresto provvisorio dei tre militari.
È storica questa definitiva condanna di tre militari cileni del sanguinario dittatore Pinochet – commenta al Sir Cristiano Morsolin, esperto di diritti umani in America Latina -. Va sottolineata la forza della giustizia internazionale contro la strategia del terrore globale, Plan Cóndor. Ricordo con emozione che nel marzo 2006 ero nella stessa aula bunker di Rebibbia per la condanna dei 5 militari argentini, insieme con Estela Carlotto, nonna di Plaza de Mayo. Ora, questa nuova condanna apre speranze affinché la giustizia internazionale intervenga nella ricerca della verità per tanti casi nel continente, ultimo dei quali l’omicidio di Mario Paciolla, osservatore delle Nazioni Unite ucciso in Colombia, a San Vicente del Caguán quasi un anno fa, il 15 luglio 2020”.
Questa sentenza di condanna per “desaparición” dei cittadini italiani Juan Josè Montiglio e Omar Venturelli “è un segnale importante per sostenere il cambiamento in Cile, dove si sta scrivendo la nuova Costituzione, mettendo fine a qualsiasi legame con la stagione di Pinochet”, conclude Morsolin.
Uno dei due italiani desaparecidos, Omar Venturellli, quando era sacerdote, si era messo alla guida degli indigeni mapuche che occupavano le terre regalate dallo Stato ai coloni europei. Nel 1968 fu sospeso a divinis dal vescovo Bernardino Piñera, zio dell’attuale capo dello Stato. Successivamente, insegnò sociologia all’Università di Temuco e si sposò con l’insegnante Fresia Cea Villalobos. Dalla loro unione è nata nel 1971 una figlia, Maria Paz, che vive attualmente a Bologna.

Cidh, uso “sproporzionato della forza” durante la repressione delle scorse settimane. Commento di Morsolin su Sir-Vaticano.

8 luglio 2021

Un documento di 48 pagine per denunciare “l’uso sproporzionato della forza, violenza di genere, violenza etnico-razziale, violenza contro i giornalisti e contro le missioni mediche, irregolarità nei trasferimenti per la protezione, denunce di sparizione, nonché il ricorso all’assistenza militare, ai poteri disciplinari e alla giurisdizione penale militare”. È un duro atto d’accusa quello messo ieri nero su bianco dalla Commissione interamericana per i diritti umani (Cidh), che ha presentato il rapporto su quanto avvenuto in Colombia, durante lo sciopero e le proteste popolari degli ultimi due mesi. Il documento mette in evidenza che nell’89% dei casi le 12.478 azione di protesta da parte dei cittadini si sono svolte in modo pacifico. E avvalora la stima di 73 persone decedute (le autorità pubbliche ne riconoscono 51), fornito dall’ong Temblores, mentre il numero delle persone ferite oscilla tra le 1.113 riconosciute dallo Stato e le circa 1.700 riportate da alcuni organismi indipendenti. “Nessuno può raccomandare che un Paese sia tollerante nei confronti degli atti criminali”, ha risposto seccamente il presidente colombiano Iván Duque.
Nel documento viene presentata una ricognizione rispetto al contesto in cui sono iniziate le proteste e si sottolinea l’appello al dialogo per superare il conflitto sociale. Le indagini, specifica l’organizzazione, si sono svolte tenendo conto degli standard interamericani sui diritti umani, “con la dovuta diligenza”, a partire dalla visita svolta in Colombia da una propria delegazione e attraverso la raccolta di informazioni ricevute dalle organizzazioni della società civile e da vari settori.
Si sottolinea che lo Stato della Colombia e la società nel suo insieme hanno “un’opportunità unica per invertire la situazione attuale verso una nuova fase di partecipazione dei cittadini. Ciò attraverso un dialogo efficace e inclusivo per rispondere alle legittime richieste della popolazione, nel massimo rispetto dei diritti umani e nel quadro democratico dello stato di diritto”.
La Commissione interamericana esprime ancora una volta la sua “solidarietà a tutte le vittime di violazioni dei loro diritti umani, nel contesto delle proteste, e alle loro famiglie. È necessario rendere omaggio a coloro che hanno perso la vita, alle donne vittime di violenza sessuale, alle persone ferite, alle vittime di lesioni agli occhi, alle persone scomparse”.

La Cidh sottolinea l’importanza della giustizia e della riparazione per le vittime, nella prospettiva di “un processo di riconciliazione sociale, dialogo e riaffermazione dello Stato di diritto sociale” , sottolinea Cristiano Morsolin, esperto di diritti umani in America Latina.