Archivo mensual: noviembre 2021

Deputata Doriana Sarli (Gruppo Misto) ha risposto alle proposte di Morsolin allá Camera dei Deputati oggi.

FOTO: Anna Motta, Giuseppe Paciolla con deputati Palazzotto, Sarli, Ehm, Nugnes, Suriano, Aiello e Ciotti.

30 novembre 2021

Oggi, 30 novembre 2021 alle h.12.00, si è svolta alla Camera dei Deputati di Roma, la conferenza stampa sulla Colombia dove la Deputata Doriana Sarli (Gruppo Misto) ha dichiarato:

“Ringrazio Flavia Famà,  Juan Camilo Zuluaga  e Simona Fraudatario per le preziose testimonianze. Ringrazio don Luigi Ciotti che come sempre con le sue parole scuote anima e cuore.

Un abbraccio speciale va poi ai genitori di Mario, Anna Motta e  Giuseppe Paciolla, due guerrieri gentili. Per loro e per Mario chiediamo che si faccia verità e giustizia.

Grazie ai tanti colleghi sensibili che sono intervenuti: Paola Nugnes, Simona Suriano,  Yana Ehm,  Erasmo Palazzotto,  Piera Aiello e Luca Paolini.

Qui il link per rivedere la tutta la Conferenza Stampa:

https://webtv.camera.it/evento/19562

La Deputata Doriana Sarli (Gruppo Misto) ha risposto alle proposte di Morsolin durante la conferenza allá Camera dei Deputati :

“La ringrazio Morsolin per la lettera e mi scuso se le rispondo così informalmente. Sulla Colombia se posso essere utile per mantenere accesa una luce, ci sono. Magari ci incontreremo per fare il punto della situazione. Se lei è a Roma e ha piacere a partecipare alla conferenza stampa martedì me lo dica. La metto in contatto con la mia collaboratrice che sta organizzando tutto.

Si, ho ricevuto la vostra mail. Ho inviato il vostro appello anche agli altri destinatari delle vostre richieste, i colleghi Paolo Siani e Laura Boldrini.

Buona giornata”, conclude la Deputata Sarli.

Anna Motta, madre di Mario Paciolla, cooperante Onu ucciso a San Vicente del Caguan nel luglio 2020 ha scritto:

“Buonasera Cristiano ,grazie della vicinanza e della solidarietà per la nostra famiglia.Ho letto il messaggio scritto per l’incontro di domani con la Deputata Sarli ,speriamo che si possa giungere a qualche risultato.

Proprio oggi ho ricevuto il libro “La bomba que hizo caer el ministro. Europa empezó el boycott frente a la barbarie de Colombia” (Antropos Ed.2021) con lettera annessa, è stato per noi molto emozionante e nello stesso tempo inquietante ciò che scrivi. Nei prossimi giorni cercherò qualcuno che mi traduca il tuo scritto e siamo certi che sarà molto interessante ciò che hai realizzato. Sempre grazie mi auguro che presto avremo occasione di conoscerci .Un abbraccio”.

Presidente della Commissione della Verità De Roux fa da testimonial al libro di Morsolin

Domani conferenza alla Camera dei Deputati con On. Sarli per libro di Flavia Fama. Speciale di Morsolin su VITA.

29 novembre 2021

Dal 28 aprile 2021 le forze speciali della polizia colombiana hanno represso con brutalità e ferocia manifestazioni pacifiche, uccidendo, violentando e facendo sparire cittadini e cittadine inermi. Lo sciopero nazionale e la mobilitazione sociale e politica in Colombia nascono da un profondo disagio della popolazione prodotto da anni di diseguaglianze e violenze e acutizzato dal governo del presidente Iván Duque.

In uno scenario, anche temporale, differente ma nella stessa matrice si registra poi la vicenda del cooperante italiano Mario Paciolla, trovato morto nella sua abitazione in Colombia, il 15 luglio 2020, in circostanze ancora tutte da chiarire. Il cooperante lavorava come osservatore sul campo della missione di verifica degli accordi di pace del 2016 delle Nazioni Unite. Come Giulio Regeni in Egitto, massacrato al pari di tanti militanti dei diritti umani, così Paciolla, su cui le indagini in corso dovranno dare delle risposte.

La storia recente del Paese è solo una parte dell’oppressione che il popolo colombiano subisce dal 1925, gli anni della “violencia”. Una guerra impari che ha visto da una parte stato, esercito, partiti di estrema destra, paramilitari, guerriglieri, servizi segreti e dall’altra un popolo inerme: i desplazados, gli oppositori politici e i comuni cittadini.

Della storia e della recente cronaca del popolo colombiano ne parleranno in una conferenza stampa presso la sala stampa della Camera dei Deputati il prossimo martedì 30 novembre 2021 alle 12.00: l’onorevole Doriana Sarli (Gruppo Misto); Flavia Famà, autrice del libro “I morti non parlano – La guerra infinita in Colombia”; Juan Camilo Zuluaga, del Nodo Italia CEV a sostegno della Commissione della Verità; Simona Fraudatario, del Tribunale Permanente dei Popoli; don Luigi Ciotti, Presidente di Libera Contro le Mafie. Interverranno i genitori di Mario Paciolla.

L’avvocato Flavia Famà, ha commentato a VITA: «Io dirò due parole su Salvatore Mancuso e su Mario Paciolla e come figlia di una vittima di mafia dirò che sono stanca di commemorare i morti e chiederò di attivarsi tutti per implementare la pace e sostenere gli impegni che la società civile chiede sul disarmo. E di fare “presto e bene perché si muore”. Voglio lasciare tutto lo spazio agli altri, sopratutto ascoltare i genitori di Mario Paciolla e a don Ciotti».

Comunicato della società civile italiana in Colombia
Per l’occasione, la società civile italiana che lavora in Colombia da oltre un decennio (tra cui Osservatorio Selvas, Fondazione Millenia presieduta da Francesco Vincenti-Ambasciatore Emerito delle Nazioni Unite in Colombia, Missionari della Consolata, Cipsi, associazione Escuela Viajera) ha diffuso un comunicato dove si sottolinea che “prima di tutto ci uniamo ai genitori di Mario Paciolla, Anna e Giuseppe Paciolla, per chiedere giustizia e verità per la morte di Mario, ricordando anche la persecuzione di altri missionari italiani come per esempio P. Giacinto Franzoi, processato per essere falsamente considerato ausiliatore della guerriglia Farc, come promotore della Campagna “Non Solo Coca” dei missionari della Consolata, come denunciammo nell’aprile 2017 alla Conferenza Stampa organizzata dal Diputato Davide Mattiello per la presentazione del libro ”Antimafia Andina. Il Contributo della antimafia sociale e della non violenza alla pace in Colombia” (Morsolin C.Antropos Ed.), insieme a P. Gaetano Mazzoleni.

Considerando l’impegno del Deputato Erasmo Palazzotto e di altri deputati, nel controllo del commercio delle armi in Egitto e Arabia Saudita, chiediamo al Parlamento Italiano il boycott delle armi italiane che hanno contribuito «almeno a 60 sono morti della repressione alle proteste in Colombia contro le riforme imposte dal Governo di Ivan Duque (aprile e giugno 2021). E sono armi di guerra che si chiamano Venom: la costruisce l’azienda spagnola Vimad Global Service, partner la Leonardo, impresa italiana partecipata al 30% dal Ministero dell’Economia e delle Finanze. Ancora una volta le armi Made in Europe vengono utilizzate per la repressione dei diritti civili. Basta!» sottolinea On. Palazzotto.

CONTINUA A LEGGERE:

http://www.vita.it/it/article/2021/11/29/colombia-la-societa-civile-italiana-racconta-unoppressione-lunga-45-an/161178/

ieri celebrazioni per 5 anni accordo di pace. Guterres (Onu), “nulla può giustificare violenza di oggi”. Il Cinep denuncia lentezza nell’applicazione. Commento di Morsolin su Sir-Vaticano.

FOTO: Presidente Commissione Verita, P. De roux fa da testimonial del libro di Morsolin

25 novembre 2021

“Niente può giustificare la violenza o l’azione dei gruppi armati oggi in Colombia”. Lo ha detto ieri, a Bogotá, nel corso delle celebrazioni per il quinto anniversario della firma dell’accordo di pace tra Governo e Farc, il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres. “Bisogna riconoscere – ha aggiunto – che la violenza che stiamo vedendo in Colombia è essenzialmente una combinazione di gruppi armati con il traffico di droga e credo che sia importante fare di tutto per combattere queste azioni. Il governo della Colombia deve determinare quale sia il modo migliore”. Guterres, che ha visitato alcune comunità particolarmente colpite dal conflitto, nel nord del dipartimento di Antioquia, ha chiesto che la sicurezza per gli ex combattenti delle Farc venga raddoppiata in modo che possano avere una “seconda possibilità” nella vita.
Sempre nella giornata di ieri il Cinep-Programa por la paz, l’istituto sulla pace affiliato ai gesuiti, ha reso noto un rapporto in cui documenta la lentezza con cui prosegue l’applicazione del trattato di pace. Per quanto riguarda la riforma agraria, sono stati recuperati per il Fondo della terra 1.385.066 ettari, invece dei 3 milioni previsti dall’accordo. La distribuzione avviene ancora più lentamente e, andando avanti con l’attuale ritmo, nei 12 anni previsti per il completamento del progetto si redistribuirà solo il 21,7% di quanto sancito dall’accordo. Il Cinep, inoltre, denuncia “la persistenza delle aggressioni ai leader ed ex combattenti. Tutto ciò rappresenta un rischio per l’apertura alla democrazia, per il Sistema integrale di verità, giustizia, riparazione e non ripetizione e per il reinserimento degli ex guerriglieri nella vita civile”. In dettaglio, secondo il registro del Cerac (Centro di risorse per l’analisi del conflitto), sono 291 gli ex guerriglieri uccisi dalla firma dell’accordo.
In definitiva, seguendo l’attuale trend, l’implementazione totale dell’accordo avrebbe bisogno di 26 anni di tempo, invece che dei 15 previsti. Questo anche perché tale implementazione “è disomogenea e in alcuni casi selettiva”, denuncia la ricercatrice del Cinep Vera Salmudio, anche per la scelta del Governo di dare impulso solo ad alcuni aspetti dell’accordo di pace.

la vicepresidente Ramírez in Italia, appelli da parlamentari e società civile per chiarezza su morte Mario Paciolla e rispetto diritti umani. Commento di Morsolin su Sir-Vaticano.

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26 ottobre 2021

È a Roma in questi giorni la vicepresidente e ministra degli Esteri della Colombia, Marta Lucía Ramírez. Sabato scorso ha incontrato Papa Francesco, dichiarando dopo l’udienza di aver ribadito al Santo Padre l’impegno del Governo per la pace e la democrazia. Ieri ha partecipato alla decima Conferenza Italia-America Latina, che riunisce ministri e autorità delle diverse nazioni del continente Oggi la vicepresidente, dopo la conclusione del vertice, inaugurerà a Roma la via Gabriel García Márquez a Villa Borghese.
Nel contesto della visita della vicepresidente colombiana, alcuni parlamentari italiani (Doriana Sarli, Simona Suriano, Guia Termini, Yana Ehm, Paola Nugnes, Elena Fattori, Virginia La Mura, Matteo Mantero), in una lettera al ministro degli Esteri Luigi Di Maio, parlano di “ottima occasione per il Governo italiano per chiedere finalmente conto dell’uccisione del cooperante dell’Onu Mario Paciolla e per sottolineare che qualsiasi rapporto tra i due Paesi passa per il rispetto dei diritti umani”. Nella lettera si fa riferimento, quindi, alla repressione delle forze speciali colombiane in occasione delle proteste dei mesi scorsi, accertata da organismi internazionali, come la Cidh (Commissione interamericana per i diritti umani). “Dobbiamo pretendere risposte serie e non propaganda politica”, scrivono i parlamentari, chiedendo a Di Maio “ogni iniziativa diplomatica possibile affinché vengano chiarite dinamiche e responsabilità sull’uccisione del nostro connazionale”.
Si registra anche una dura presa di posizione di associazioni e organismi della società civile, soprattutto di colombiani che vivono in Italia. In un comunicato, firmato da una decina di organizzazioni, tra cui il Nodo Italia a favore della Commissione per la verità e il Tavolo della società civile per la Colombia. I firmatari affermano di non sentirsi rappresentati da Ramírez e proseguono: “Esigiamo che risponda puntualmente alla comunità internazionale sulla violazione sistematica dei diritti umani in Colombia e sul mancato impegno del suo Governo di fronte all’Unione europea per la loro tutela e per garantire la pace”.

Colombia: la vicepresidente Ramírez in Italia, appelli da parlamentari e società civile per chiarezza su morte Mario Paciolla e rispetto diritti umani

Posso (Comunità di pace Apartadó) al Sir su arresto del boss paramilitare Otoniel, “15 giorni fa era nella nostra zona. Restiamo impegnati per la pace”. Commento di Morsolin su SIR-Vaticano.

28 ottobre 2021

27 Ottobre 2021 @ 10:01

(Foto: Morsolin e German Posso

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Colombia: Posso (Comunità di pace Apartadó) al Sir su arresto del boss paramilitare Otoniel, “fine di una dinastia, ma azione tardiva”

“Quindici giorni fa i contadini mi hanno detto personalmente che Otoniel era passato lì con un mulo e scorte armate fino ai denti. Perché in tutti questi anni lo Stato non ha mai arrestato Otoniel, mentre gli Usa hanno chiesto 5 milioni di dollari?”. Lo afferma al Sir Germán Graciano Posso, leader della Comunità di pace di San José di Apartadó, in seguito all’arresto di Dairo Antonio Úsuga David, alias “Otoniel”, uno dei narcotrafficanti più ricercati del pianeta e capo della formazione paramilitare del Clan del Golfo.
La notizia è stata accolta nella Comunità di pace nella consapevolezza della sua importanza, ma anche del fatto che non basta un pur importante arresto per dissolvere un’organizzazione ramificata, presente, in modo massiccio o parziale, in 300 municipi del Paese, con circa 1.500 uomini armati e circa 1.800 persone d’appoggio. La Comunità di Apartadó ha pagato in questi anni un duro prezzo di sangue, mentre sono persistenti le minacce, rivolte anche attraverso scritte ben visibili sul territorio. Posso, nel 2018, ha anche incontrato Papa Francesco nell’ambito di un’udienza. Prosegue il leader comunitario: “Sopportiamo la persecuzione come comunità di pace per affrontare l’odio, come grande famiglia di fraternità. Siamo un esempio per il mondo, del rifiuto di tutte le armi. Cerchiamo alternative per difendere la vita e la terra e sopravvivere alla morte e alla violenza dove il potere dell’impero usa il popolo per vendetta, per odio della guerra”. “L’impegno di Papa Francesco contro le mafie e per la pace ci ispira anche in questo momento della cattura del narcotrafficante internazionale”, conclude Posso, confermando indirettamente il lavoro diplomatico della Commissione internazionale sulla corruzione, coordinato da Vittorio Alberti per il Vaticano, che sta avendo un forte impatto nella Chiesa in America Latina.

Colombia: Posso (Comunità di pace Apartadó) al Sir su arresto del boss paramilitare Otoniel, “fine di una dinastia, ma azione tardiva”

FacebookTwitterLinkedInWhatsAppEmailPrint27 Ottobre 2021 @ 10:00

(Foto: Redazione)

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Colombia: Posso (Comunità di pace Apartadó) al Sir su arresto del boss paramilitare Otoniel, “15 giorni fa era nella nostra zona. Restiamo impegnati per la pace”

“L’intelligence di Stato ha impiegato molto tempo per catturare Otoniel, con un prezzo di vite molto alto, compresi i molti leader sociali assassinati”. Così Germán Graciano Posso, leader della Comunità di Pace di San José di Apartadó, sostenuta da anni anche dall’Operazione Colomba dell’associazione Giovanni XXIII, commenta al Sir l’arresto, avvenuto sabato scorso, di Dairo Antonio Úsuga David, alias “Otoniel”, uno dei narcotrafficanti più ricercati del pianeta, capo storico delle Autodefensas gaitanistas del Colombia, il gruppo erede del paramilitarismo colombiano, solo ufficialmente smantellato negli anni della presidenza Uribe, più noto come Clan del Golfo. Posso, intervenuto alla presentazione del libro di Cristiano Morsolin, “La bomba che ha fatto cadere il ministro. Europa ha iniziato il boicottaggio di fronte alle barbarie in Colombia”, parla con cognizione di causa. La Comunità di pace ha subito dolorose perdite di vite umane per la scelta coraggiosa della non violenza, in un contesto dominato dagli scontri tra paramilitari e guerriglia dell’Eln (e, prima ancora, delle Farc). E proprio la zona dell’Urabá, nel nord del dipartimento di Antioquia, dove si trova anche Apartadó, era la roccaforte di Otoniel.
“È importante dire – afferma il leader della Comunità di pace – che la sua forza più grande non era la sua capacità militare, ma quella di corrompere la stessa forza pubblica, politici e uomini d’affari. Durante tutti questi anni, ogni volta che c’era un’operazione contro Otoniel, egli lo veniva a sapere in anticipo. Con questa cattura muore la dinastia Usugá, che fin dalla sua presenza nella guerriglia dell’Epl e poi tra i paramilitari, aveva anche un ruolo sociale nell’Urabá, per le coltivazioni di banane”.
Otoniel ha iniziato a 17 anni nella guerriglia dell’Epl, nel dipartimento di Córdoba, prosegue Germán Graciano Posso. “Successivamente si è unito al potente clan dei Castaños, paramilitari che, nel 2005, in parte si smobilitarono, in seguito all’accordo con il Governo. Ma Otoniel rimase in clandestinità, nell’ambito dell’Ugc, il suo potere era legato alle compagnie bananiere. Nel 2011 in un’operazione di polizia rimase ucciso il fratello. Il funerale simboleggiò il potere mafioso e il controllo del territorio dell’Ugc. Otoniel organizzò uno sciopero nel Nordovest del Paese, che paralizzò commercio, trasposti, scuole, perfino l’aeroporto di Turbo. In migliaia parteciparono alla sepoltura”. Proprio lui divenne il capo dell’organizzazione, alleata con il cartello messicano di Sinaloa. E decise di affrontare direttamente lo Stato. Nel 2013 un razzo abbatté un elicottero con 16 soldati. Poi, nel 2017, a sorpresa, aveva scritto a Papa Francesco, per cercare una pacificazione, ma l’allora presidente Santos disse no a qualsiasi trattativa con i narcos.

Peace agreement in Colombia. Fr De Roux: “Our aim is to foster reconciliation and ensure that are no more barbarities”. Morsolin in SIR-Vaticano.

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23 november 2021

esuit Father Francisco De Roux is among the most prominent figures in Colombia today. Three years ago, he was appointed President of the Commission for the Clarification of Truth, tasked with clarifying and making known the truth about what happened during more than half a century of conflict, focusing on the victims. Five years since the historic agreement between the government and the FARC guerrilla group was signed in Bogotá’s Colón Theatre, in an exclusive report to SIR in Europe Father De Roux describes the arduous journey of the past years and the future prospects, voicing the hope for a «greater peace» involving all interested parties, starting with the ELN guerrilla group

(Foto ANSA/SIR)

“For the Truth Commission, the fifth anniversary of the Peace Accord in Colombia celebrates the hopes revived  on November 24, 2016, which continue progressing despite difficulties and challenges.” Jesuit Father Francisco De Roux is among the most prominent figures in Colombia today. Three years ago, he was appointed President of the Commission for the Clarification of Truth, tasked with clarifying and making known the truth about what happened during more than half a century of conflict, focusing on the victims. Five years since the historic agreement between the government and the FARC guerrilla group was signed in Bogotá’s Colón Theatre, in an exclusive report to SIR in Europe Father De Roux describes the arduous journey of the past years and future prospects, voicing the hope for a “greater peace” involving all interested parties, starting with the ELN guerrilla group. One thing is certain: “The barbarities Colombia has suffered, with 8,675,000 victims recorded in the national register of victims, and the dramatic toll of 82,000 missing persons, more than 2,000 massacres, more than 30,000 kidnappings, over 18,000 extra-judicial killings, more than 1,000 “false positive” murders, and over 25,000 casualties from anti-personnel mines, will never happen again. This madness must stop.”

Initially, the signing of the peace accord had raised high hopes …

The first year, 2017, was a festival of life. We saw FARC men and women descending the mountain with their weapons, holding white scarves and flowers, accompanied in a friendly manner by military and police officers. We later found them in places where they had been preparing for six months to surrender their weapons and switch to civilian life. We saw the leap of faith they made in society, as they left their guns behind forever.

But after that, something was shattered… Is Colombia still in a state of conflict?

The conflict cannot be said to be over. Nevertheless, the situation today is very different from the way it was in the years of conflict with the FARC guerrilla group, an impressive entity in its opposition to the State. For instance, the farms in the Antioquia Department were not accessible and kidnapping was common in the eastern part of the country. The capital Bogotá was surrounded by 12 fronts. One good news is that the war between the State and the FARC is over, which is why the large-scale massacres of 50 or more people have ended, kidnappings have decreased by 95%, forced displacements and land grabs from peasant farms have also decreased by 80%, while attacks on villages have virtually stopped.

Tragically, assassinations of social leaders did not cease, 20% of former guerrilla fighters rejoined the fighting, drug trafficking expanded, forest destruction increased and the areas left by the FARC were taken over by warfare and drug trafficking.

A particularly tragic event was the killing of some 300 men and women who had laid down their arms. The conflict has now taken on a less violent form, yet this requires a greater commitment to peace from Colombia, one that involves all its former violent formations.

What is the reaction to the suffering of millions of victims?

The task of the Truth Commission is not only to shed light on the suffering endured in the country during 50 years of domestic armed conflict. In fact its mission includes fostering reconciliation and non-recurrence. The Commission seeks to shed light on this suffering, such as the pain of the mother of a FARC guerrilla who died in the jungle during combat, or of a girl who was captured by the Guerrilla and eventually died, while her mother is struggling to recover her corpse. The grief of a guerrilla fighter is the same as the grief of a policeman’s mother.

Who are the warlords today?

We need to understand the reasons why such a brutal war broke out among us Colombians… why we humiliated each other, why there were economic interests behind the conflict, why thousands of peasants were displaced to grab their land, why politicians crossed paths with the paramilitary and the guerrilla groups. The land problem has not been solved. In fact, some social leaders have died trying to recover land that belonged to the peasants. Some leaders have died because they were involved in coca eradication; some environmental activists have been severely affected by the conflict.

We hope that the efforts of the Commission for the Clarification of Truth will involve young people, social movements of peasants, indigenous people, entrepreneurs and universities, so that it may also help the police and the army in carrying out in-depth cultural transformations, since security belongs to the people.

Five years after the Havana Peace Agreement, do you agree with Archbishop Darío Monsalve of Cali that a new peace process is needed today?

The Truth Commission will certainly express this view, but I will give you my personal opinion. I think that Colombia should embark on a much deeper peace process, addressing what is happening, for example, with the FARC dissident group “Second Marquetalia”, with the first Farc dissidents, with the ELN guerrilla army. And it must find a way of ensuring that the people involved in what is known as the drug trafficking gangs are brought to justice. Colombia has to resolve these situations and I don’t think they can be solved simply by military means. We must move forward along the path of dialogue.

At the Truth Commission hearing of August 2021, Salvatore Mancuso Gomez failed to mention his connection with drug trafficking and with the Ndrangheta crime syndicate. What do you think about this connivance?

The Commission believes that some issues that have been discussed require further investigation, but we believe that we need to examine them in greater depth in order to explain them to the country. One of these issues, for example, is the relationship between drug trafficking and the paramilitary. Or between drug trafficking and guerrilla activity, which is a major drivers of continued violence. Many questions are still hanging in the explanatory part, and there is one in particular I insist upon, since Colombia is still left with the serious question raised by Commissioner Marta Ruiz concerning drug trafficking within the armed conflict and the involvement of drug trafficking already at the root of all that has happened.

Has Colombia already forgotten Pope Francis’ visit in September 2017?

I very much appreciated the manner in which the Pope approached Colombia. It was enlightening. He realised that we were at odds with each other as a result of the political controversies and rose above that, always calling for peace. In his four-day visit, he devoted an entire day to visiting the victims and when he spoke to the bishops in Medellín he told them:

do not expect to be able to drive Colombia away from where it is today through regulations or laws. Put your hands on the bloodstained bodies of your people, of the people who are suffering.

The Commission focuses on that very point, on that reality.

Despite it all, are there signs of hope?

Colombia has been rocked by national protests over the last three years because people, especially young people, the indigenous people and Afro-Latin groups feel that their rights are being violated. The peaceful, large-scale protest has at times been marred by acts of vandalism perpetrated by infiltrators. Nevertheless, it shows that Colombia is shifting from armed combat, which caused widespread harm, to legitimate social struggles. And those rightful struggles must be respected, not brutally crushed. Despite all the difficulties, the situation in Colombia has improved. There is a growing passion for truth. An overwhelming majority rejects violence in all its forms; young people are increasingly participating on a daily basis and they show no interest in guerrilla groups, paramilitary forces or cocaine. And their battles also involve environmental protection. We hope that the 5th anniversary will mark a step towards “the great peace”, that it may bring full implementation of the agreement along with renewed impetus in the efforts for the reconciliation of Colombians.

(in cooperation with Cristiano Morsolin)

P. De Roux: “Vogliamo promuovere la riconciliazione e la non ripetizione della barbarie”. Esclusiva di Morsolin su Sir-Vaticano.

Foto. P. Roux, testimonial libro Morsolin

23 novembre 2021

Padre Francisco De Roux, gesuita, è una delle persone più in vista oggi in Colombia. A lui è stato dato, tre anni fa, l’incarico di guidare la Commissione per il chiarimento della Verità, con il compito di scrivere la storia di oltre mezzo secolo di conflitto partendo dalle vittime. A cinque anni dalla storica firma tra Governo e guerriglia delle Farc, nel teatro Colón di Bogotá, padre De Roux racconta al Sir, in esclusiva per l’Europa, il difficile cammino di questi anni e le prospettive per il futuro, auspicando una “più grande pace” che coinvolga tutte le parti implicate, a partire dall’altra guerriglia, quella dell’Eln

(Foto ANSA/SIR)

“Per la Commissione della Verità, il 5° anniversario dell’Accordo di Pace in Colombia è la celebrazione di una speranza che è stata lanciata il 24 novembre 2016 e che continua ad avanzare tra sfide e difficoltà”. Padre Francisco De Roux, gesuita, è una delle persone più in vista oggi in Colombia. A lui è stato dato, tre anni fa, l’incarico di guidare la Commissione per il chiarimento della Verità, con il compito di scrivere la storia di oltre mezzo secolo di conflitto partendo dalle vittime. A cinque anni dalla storica firma tra Governo e guerriglia delle Farc, nel teatro Colón di Bogotá, padre De Roux racconta al Sir, in esclusiva per l’Europa, il difficile cammino di questi anni e le prospettive per il futuro, auspicando una “più grande pace” che coinvolga tutte le parti implicate, a partire dall’altra guerriglia, quella dell’Eln. Con una certezza: “Nulla può farci ripetere la barbarie da cui proviene la Colombia, con le sue 8 milioni e 675mila vittime nel registro ufficiale delle vittime del Paese e con tutti questi numeri terribili; 82.000 scomparsi, più di 2.000 massacri, più di 30.000 rapimenti, più di 18.000 esecuzioni extragiudiziali, falsi positivi che superano la cifra di 1.000, oltre 25.000 persone distrutte dalle mine antiuomo. È impossibile continuare con questa follia”.

All’inizio la firma della pace ha suscitato molte speranze…
Il primo anno, il 2017, è stato il festival della vita. Abbiamo visto gli uomini e le donne delle Farc scendere dalla montagna con le loro armi, sciarpe bianche e fiori, accompagnati amichevolmente da membri dell’esercito e della polizia. Più tardi li abbiamo trovati in luoghi dove si sono preparati per sei mesi a consegnare le armi e passare alla vita civile. E abbiamo assistito all’atto di fiducia che hanno fatto nella società, perché lasciavano i fucili per sempre.

Poi qualcosa si è spezzato… La Colombia è ancora in conflitto?
Non si può dire che il conflitto sia finito. Però siamo in una situazione molto diversa da quella vissuta negli anni del conflitto con le Farc, che era un apparato di confronto con lo Stato di dimensioni impressionanti. Nel dipartimento di Antioquia, per esempio, non si potevano raggiungere le fattorie in campagna, e in Oriente poteva capitare ovunque di essere rapiti. La capitale Bogotá era stata circondata da 12 fronti. La cosa buona è che è finita la guerra tra lo Stato e le Farc, ecco perché sono finite le grandi stragi di 50 e più persone, i rapimenti sono diminuiti del 95%, gli sfollamenti forzati e i furti di terra ai contadini sono diminuiti anche dell’80%, e gli attacchi ai villaggi sono quasi cessati.

La cosa brutta è che gli omicidi dei leader sociali sono continuati, il 20% degli ex guerriglieri è tornato in guerra, il traffico di droga ha assunto nuove forze, è aumentata la distruzione delle foreste e le aree lasciate dalle Farc sono state occupate alla guerra e al narcotraffico.

Particolarmente tragica è stata l’uccisione di circa 300 uomini e donne che hanno deposto le armi. Il conflitto si è trasformato in espressioni di minore intensità, ma che richiedono alla Colombia un cammino di pace molto più coinvolgente, più espressivo, che comprenda tutte le espressioni di violenza.

Qual è la reazione a tanto dolore di milioni di vittime?
Il compito della Commissione per il chiarimento della Verità non è solo quello di far emergere il dolore che il Paese ha vissuto durante 50 anni di conflitto armato interno, è anche quello di promuovere la riconciliazione e la non ripetizione. La Commissione cerca di mettere in luce queste sofferenze, come per esempio il dolore di una madre di un guerrigliero delle Farc morto nella giungla in un combattimento, o di una ragazza che è stata presa dai guerriglieri e che alla fine è morta anche lei, mentre la madre lotta per riavere il suo corpo. Il dolore della madre di un guerrigliero è lo stesso dolore della madre di un poliziotto.

Chi sono oggi i signori della guerra?
Dobbiamo spiegare perché si è scatenata una guerra così selvaggia tra noi colombiani… perché ci siamo umiliati l’un l’altro, perché c’erano interessi economici dietro al conflitto, perché migliaia di contadini sono stati sfollati per rubare la loro terra, perché i politici hanno incrociato le strade con i paramilitari e la guerriglia. Il problema della terra non è stato risolto. Infatti, alcuni leader sociali muoiono per il recupero della terra che apparteneva ai contadini. Altri leader muoiono perché entrano nel processo di eradicazione della coca; ci sono, poi, difensori dell’ambiente che sono stati particolarmente colpiti dal conflitto

Ci auguriamo che tutto questo lavoro della Commissione per il chiarimento della Verità passi nelle mani dei giovani, delle organizzazioni sociali dei contadini, degli indigeni, degli imprenditori e delle Università affinché aiuti anche la polizia e l’esercito nelle profonde trasformazioni culturali, perché la sicurezza appartenga ai cittadini.

Cinque anni dopo l’Accordo di pace dell’Avana, ritiene, come l’arcivescovo di Cali, mons. Darío Monsalve, che oggi serva un nuovo processo di pace?
Sicuramente lo esprimerà la Commissione della Verità, ma dico il mio parere personale: la Colombia deve aprirsi a una via d’uscita di pace molto più in profondità, con quello che succede, ad esempio, con la dissidenza Farc “Seconda Marquetalia”, con i primi dissidenti delle Farc, con l’altra guerriglia dell’Eln e deve trovare una forma di accettazione della giustizia per le persone coinvolte in quelle che chiamano le bande criminali che si occupano di traffico di droga. La Colombia deve risolver queste situazioni e non credo che la soluzione sia semplicemente militare. Dobbiamo avanzare nelle vie del dialogo.

Nella riunione della Commissione della Verità dell’agosto 2021, Salvatore Mancuso, ha omesso il suo rapporto con il narcotraffico e il collegamento con la ‘ndrangheta calabrese. Cosa pensa di questa complicità?
Per la Commissione c’è bisogno di continuare ad approfondire alcuni temi che sono stati discussi, ma crediamo che dobbiamo affrontarli ancora molto più a fondo per poterli spiegare alla Colombia. Uno di questi, ad esempio, è il rapporto tra il traffico di droga e il paramilitarismo. Oppure tra narcotraffico e guerriglia, che è una delle cose che più tiene viva la violenza. Molte sono le domande a cui rispondere nella parte esplicativa e una in particolare su cui vorrei insistere, perché al Paese rimane quella profonda domanda che la commissaria Marta Ruiz ha posto sul traffico di droga nel conflitto e sulla presenza di traffico di droga già all’origine di quanto è accaduto.

La Colombia si è già dimenticata della visita di Papa Francesco nel settembre 2017?
Mi è piaciuto molto il modo in cui il Papa si è comportato in Colombia perché è molto illuminante. Si è reso conto che eravamo in disaccordo l’uno con l’altro a causa di queste polemiche politiche e si è messo al di sopra di questo, invocando sempre la pace. Dei quattro giorni che è stato qui, ne ha dedicato uno intero solo a vedere le vittime e, quando ha parlato con i vescovi a Medellín ha detto loro:

non pretendete che attraverso norme o leggi sarete in grado di portare la Colombia fuori da dove si trova. Mettete le mani sul corpo insanguinato della vostra gente, delle persone che soffrono.

La Commissione si sofferma proprio lì, è rivolta a quella realtà.

Ci sono, nonostante tutto, segnali di speranza?
Negli ultimi tre anni ci sono state manifestazioni nazionali di protesta molto forti perché la gente e soprattutto i giovani, gli indigeni e i neri sentono che i loro diritti non sono rispettati. Questa protesta pacifica, forte, a tratti è stata attraversata da atti vandalici commessi da infiltrati. Ma essa dimostra che la Colombia si sta muovendo dalla lotta armata che ha fatto molti danni, alle lotte sociali legittime. E che queste giuste lotte devono essere rispettate, e non represse con la forza. Nonostante tutte le difficoltà, le cose in Colombia sono migliorate. C’è una crescente passione per la verità, c’è una stragrande maggioranza di rifiuto della violenza in tutte le sue forme, ci sono giovani che ogni giorno partecipano sempre più che non vogliono saperne di guerriglie, o paramilitari, o cocaina, e che lottano per difendere l’ambiente. Ci auguriamo che il 5° anniversario sia il passo verso “la grande pace”, che assicuri la piena attuazione dell’accordo e porti nuove forze per continuare a lottare per la riconciliazione dei colombiani.

(ha collaborato Cristiano Morsolin)

Accordo di Pace in Colombia. P. De Roux: “Vogliamo promuovere la riconciliazione e la non ripetizione della barbarie”

Avanza l’attuazione del Sinodo dell’Amazzonia. Mons. Pinzón (Porto Leguízamo-Solano): “tre iniziative concrete per farlo sorgere”. Commento di Morsolin su Sir-Vaticano.

FOTO: Vescovo Pinzon e Morsolin

22 novembre 2021

Il Sinodo per l’Amazzonia si sta realizzando nelle Chiese locali. È quanto spiega in un recente intervento il vescovo del vicariato apostolico di Porto Leguízamo-Solano (Colombia, dipartimento del Putumayo), mons. Joaquín Humberto Pinzón Güiza, padre della Consolata.
Il vescovo usa un’espressione degli indigeni Murui “far sorgere l’alba”, usata per indicare la necessità di trasformare un’idea nella realtà. “È così che desideriamo ‘far sorgere il Sinodo’, cioè mettere in pratica le novità del processo sinodale, un’esperienza che continua ad animare il cammino della Chiesa in Amazzonia”, sostiene mons. Pinzón.
Tre, in particolare, le esperienze concrete che si stanno realizzando. “La prima esperienza – spiega il vescovo – è la formazione di un’équipe intercongregazionale a La Tagua, sulle rive del fiume Caquetá, la cui missione è accompagnare questi popoli indigeni, contadini, afro-discendenti e anche la popolazione urbana. Una seconda esperienza è l’équipe inter-ecclesiale, tra i vicariati di San José de la Amazonia (Perù) e il nostro vicariato di Puerto Leguízamo-Solano. Un’équipe che guarda oltre i confini, che guarda all’altra sponda e lancia una proposta di evangelizzazione”. Una terza esperienza è “guardare alle altre realtà di confine”, in particolare l’Ecuador, e vedere come unirsi con le altre Chiese per fare la stessa esperienza”, aggiunge mons. Pinzón.
Per “far albeggiare” il Sinodo, il vescovo insiste sulla necessità di “formare équipe con le comunità contadine di tutto il territorio, per promuovere un Piano di pastorale rurale e della terra, puntando a uno sviluppo in armonia con la Casa comune”. Un’opera che avrebbe effetti sociali, anche nel contrasto all’illegalità. Infatti, “nonostante gli accordi di pace tra il Governo colombiano e le Forze armate rivoluzionarie della Colombia (Farc), la popolazione continua a subire violenze da parte di gruppi armati, paramilitari e narcotrafficanti che si contendono spazio e territorio e si scontrano con l’esercito. Dell’assenza dello Stato approfittano gli sfruttatori dell’Amazzonia: minatori illegali, lavoratori del petrolio, produttori di coca, taglialegna, e ciò ha causato l’esodo di contadini e indigeni verso le città. Queste e altre sfide sono presenti nell’evangelizzazione quotidiana della Chiesa locale, che annuncia con speranza il Buon Vivere del Regno di Dio.
“Questa riflessione di mons. Pinzón attualizza il Sinodo dell’Amazzonia convocato due anni fa in Vaticano da Papa Francesco, che ha scelto questo giovane vescovo, ancora quarantenne, per svolgere un innovativo lavoro pastorale con laici, catechisti e leader sociali”, spiega dalla Colombia Cristiano Morsolin, esperto di diritti umani.

Perù: padre Gutiérrez, “povertà problema che riguarda l’intero pianeta”. Commento di Morsolin su Sir-Vaticano.

3 novembre 2021

“Sento la necessità di chiamare alla conversione al messaggio di Gesù. Come sacerdote ho vissuto spesso in mezzo ai poveri. La povertà di oggi è vivere fuori dal mondo che progredisce, quello che ha beni e sicurezza. Sebbene vivano nella stessa città, i poveri vivono in modo diverso. I problemi della povertà e della disuguaglianza ora non vengono dal Perù o dall’America Latina, sono un problema centrale per l’intero pianeta”. Lo ha affermato padre Gustavo Gutiérrez, in chiusura del seminario che la scorsa settimana si è tenuto nella Pontificia Università Cattolica del Perù sui 50 anni dalla pubblicazione del suo libro “Teologia della Liberazione” (1971), promosso, tra gli altri, dalla Facoltà di Teologia della stessa Università e dall’Istituto Bartolomé de las Casas.
“La povertà è una morte precoce e ingiusta, distrugge persone e famiglie. Come diceva Hannah Arendt: i poveri sono coloro che non hanno il diritto di avere diritti – ha proseguito padre Gutiérrez, il quale ha sottolineato che l’amore di Gesù è “aperto a tutti, universale”, ma al tempo stesso Egli ci ha chiesto di privilegiare i più deboli, gli scartati come dice Papa Francesco. Per questo l’impegno per i poveri non può non denunciare le cause della povertà”.

Il convegno ha permesso, a 50 anni di distanza, un’analisi serena sull’importanza dell’opera di Gutiérrez. “In questi giorni – commenta Cristiano Morsolin esperto di diritti umani in America Latina – l’anniversario è in primo piano sui giornali di Lima come La República e El Comercio. Le parole ci riportano al nucleo originario di questa corrente teologica, che parte dall’opzione preferenziale per i poveri. Un filone che in Perù è proseguito per esempio, con il contributo pedagogico del salesiano Alejandro Cussianovich, fondatore del movimento di bambini lavoratori Manthoc e promotore a livello mondiale del protagonismo politico dell’infanzia delle classi popolari, ma anche con la necessità di un discernimento tra fede e politica per incidere nelle cause della povertà, ribadito anche di recente dall’arcivescovo di Lima Castillo e dal card. Barreto”.
A livello storico, continua Morsolin, “si può ricordare che gli albori della teologia della liberazione risalgono al simposio realizzato 6 e 7marzo 1970 a Bogotá, promosso dal vescovo colombiano di Buenaventura Gerardo Cano. In quell’occasione, padre Gustavo Gutiérrez presenta ‘Appunti per una teologia della liberazione’ che poi, l’anno successivo, nel 1971 vengono ampliati nel libro di cui oggi celebriamo il 50° anniversario. Il percorso di tale teologia ha poi assunto varie ramificazioni e uno dei filoni più fecondi, quello della ‘teologia del pueblo’ ha influenzato lo stesso Papa Francesco, attraverso le opere di padre Juan Carlos Scannone e altri intellettuali”.

Perù: nuovo premier e rimpasto di Governo. Nuovo primo ministro Mirtha Vásquez. Commento di Morsolin su SIR-Vaticano.

Foto nel centro: Prima ministra Mirtha Vasquez

8 ottobre 2021

Nuovo avvicendamento politico, in questi difficili primi mesi di governo, nell’Esecutivo del Perù. Il primo ministro Guido Bellido ha infatti presentato le proprie dimissioni irrevocabili e l’incarico è stato preso da Mirtha Vásquez, leader femminista e ambientalista. Presidente del Congresso nell’ultima parte della precedente legislatura. Bellido era stato fin da subito criticato per il suo profilo di estrema sinistra, in un Governo accusato perfino di connivenze con il gruppo terrorista di Sendero Luminoso. Negli ultimi giorni Bellido era andato in rotta di collisione con il ministro degli Esteri, Óscar Maúrtua, ed erano state pubblicate alcune chat nelle quali il premier sosteneva la sostituzione del ministro. Nel contempo, si è provveduto a un rimpasto di Governo, sostituendo Iber Maraví, ministro del Lavoro e accusato appunto di legami con il terrorismo, con Betsy Chávez. Sostituiti anche il ministro dell’Interno e della Cultura.


Il rimpasto sposta il Governo, sul quale in ogni caso continua ad aleggiare nel Paese un forte scetticismo, in direzione di una sinistra più moderata rispetto alle fasi iniziali, dunque con maggiori possibilità di trovare consensi in un Parlamento frammentato, dove Castillo non ha una maggioranza precostituita.


Quello di Mirtha Vásquez è, in ogni caso, un profilo di garanzia democratica. Afferma Cristiano Morsolin, esperto di diritti umani: “È stata avvocata della leader campesina Maxima Acuña, ha affrontato la multinazionale mineraria Yanacocha (Canada) e ha vinto la causa. Ha capacità di dialogo e moderazione. Ho incontrato Mirtha nell’ottobre 2004 nel freddo del Cajamarca, come coordinatrice dell’ong locale Grufides. È stata professoressa all’Università Pubblica di Cajamarca in diritto ambientale e diritti umani. Nei mesi scorsi, da presidente del Congresso, ha chiesto giustizia e verità per la missionaria italiana Nadia de Munari, uccisa a Nueva Chimbote. Importante anche la nomina di Gisela Ortíz, nuova ministra della Cultura, sorella di Enrique Ortíz vittima del crimine di stato di La Cancuta”.