Colombia: indigeni e movimenti popolari occupano pacificamente da due giorni la nunziatura apostolica di Bogotà. Commento di Morsolin su Sir-Vaticano.

6 giugno 2024

Stanchi di essere sterminati da gruppi armati e da paramilitari che non cessano di controllare il territorio nelle regioni più remote del Paese. Desiderosi di rivolgersi, il più possibile direttamente, a Papa Francesco per esprimere il loro desiderio e impegno di pace. Deriva da queste intenzioni la clamorosa e pacifica occupazione della nunziatura di Bogotá, capitale della Colombia, che i trova nel quartiere residenziale di Teusaquillo, iniziata due giorni fa, da parte di indigeni e leader sociali, provenienti da diverse regioni, in particolare quelle nord-orientali, occidentali e meridionali, dove violenze, uccisioni, sfollamenti di popolazione civile si verificano quotidianamente, a dispetto dei tentativi di “pace totale” da parte del Governo di Gustavo Petro. Un gesto che finora non è stato represso, mentre il nunzio, mons. Paolo Rudelli, che ha avuto avuto un colloquio con un rappresentante dei manifestanti e un altro con il presidente Petro, ieri, uscendo dalla nunziatura, ha solo affermato: “Non rilascio nessuna dichiarazione, dobbiamo sentire tutti gli attori coinvolti”. Nessuna reazione ufficiale, al momento, dalla Conferenza episcopale colombiana.
Racconta al Sir Cristiano Morsolin, esperto di diritti umani in Colombia, che ieri si trovava all’esterno della nunziatura: “Una trentina di leder sociali, donne indigene, studenti e contadini del Congresso de los Pueblos occupano da martedì alle 10 l’entrata della sede diplomatica del Vaticano. Hanno scelto una forma rispettosa, sedendosi per terra in cerchio. Diffondono canzoni mettono in musica giovanile gli appelli di papa Francesco sul diritto alla terra, alla casa e al lavoro. Alcuni giovani giocano a calcio davanti al portone della nunziatura con un pallone color viola fluorescente in un clima di dialogo e rispetto”.
Erika Prieto Jaime, avvocata trentenne, ma con alle spalle una lotta già lunga per i diritti umani, portavoce del Congreso de los Pueblos, attraverso il Sir si rivolge a Papa Francesco e all’Europa: “A causa delle minacce, da tre anni vivo a Bogotá. Siamo migliaia di contadini, indigeni, afrocolombiani, femministe, studenti, che hanno subito persecuzioni, morti e violenze da parte del paramilitarismo, un attore mafioso che non è mai scomparso dalla Colombia, non è mai scomparso dalla vita politica, e ancora oggi si rifiuta di riconoscere la sua esistenza criminale”.
“Un sistema di complicità, quello del paramilitarismo in connivenza con apparati dello Stato, che i manifestanti chiedono di smantellare mediante l’avvio di un tavolo negoziale convocato dal governo – prosegue Morsolin -. ‘Combattiamo senz’armi per la nostra vita e per il diritto a restare sulle nostre terre’, scrivono nei cartelloni di tela appesi davanti alla nunziatura.

Paradossalmente il pensiero corre all’Arena di pace del sabato 18 maggio a Verona donde abbiamo esortato il Papa Francesco a fermare i padroni della guerra in Colombia, e contemporaneamente in Sud Sudan insieme al vescovo di Rumbek (Sud Sudan), Christian Carlassare”.

Infatti la segreteria nazionale di Arena di Pace ha diffuso questo messaggio:

“Il vescovo comboniano padre Christian Carlassare (al centro), sopravvissuto a un attentato in Sud Sudan nell’aprile 2021, assieme a Cristiano Morsolín (a sinistra), difensore dei diritti umani a Bogotà (Colombia), hanno lanciato questo appello nel corso dell’Arena di Pace 2024: «Ci uniamo a Papa Francesco per chiedere di fermare le guerre in Colombia e in Sud- Sudan; per sostenere gli sforzi della società civile nella costruzione della Pace senza l’utilizzo dei bambini soldato; per mettere al bando i mercanti di morte e il commercio di armi».

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